presentato il 29/02/2012 in Assemblea del Senato da Massimo GARAVAGLIA (Lega) e altri 24 cofirmatari ... [ apri ]
status: Ritirato (Ritirata in corso di sedut)
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testo emendamento del 29/02/12
Il Senato,
premesso che:
l'Atto Senato n. 3110 nasce con lo scopo di traghettare il Paese fuori dalla fase di recessione e rimetterlo sui binari della crescita attraverso l'apertura alla concorrenza di diversi settori economici;
i contenuti del provvedimento non rispettano tuttavia tale scopo in quanto colpiscono esclusivamente settori economici minori o a basso potere di contrattazione (farmacie, taxi), lasciando intatti i privilegi delle macro realtà economiche come ad esempio i colossi bancari e assicurativi, il settore ferroviario e delle poste;
le misure previste appaiono inefficaci palliativi in grado di scuotere l'opinione pubblica ma non di innescare un vero e proprio processo di liberalizzazione dell'economia e rilancio del Paese. E' ad esempio da provare che l'aumento delle licenze taxi si traduca automaticamente in un beneficio per i consumatori, così come anche centralizzare presso una Autority il potere decisionale che era dei sindaci non comporta nessun vantaggio alla categoria dei tassisti stessi; stesso dicasi riguardo l'incremento del numero di farmacie sul territorio che di fatto non comporterà alcun impatto sul costo dei farmaci determinato bensì da tutti altri fattori; anche l'ambizioso progetto di separare Eni dalla holding Snam rete gas, che dovrebbe comportare una maggiore concorrenza nel settore ed una conseguente riduzione dei costi energetici, di fatto non darà i propri risultati che tra molto tempo;
un altro esempio di falsa liberalizzazione riguarda le modalità di gestione dei rifiuti di imballaggio che lasciano immutato il quadro legislativo esistente, permettendo ai produttori che non aderiscono ai consorzi obbligatori di gestire elusivamente i propri rifiuti di imballaggio. Questo si traduce in un mancato vantaggio per i consumatori in termini di tariffa sulla raccolta dei rifiuti ed in una ulteriore limitazione della concorrenza nel settore, come più volte ribadito dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
ai deboli risultati raggiungibili fanno quindi da contraltare le notevoli reazioni di quasi tutte le categorie economiche, che, allarmate da proclami sensazionalistici e confusi, hanno rischiato di paralizzare più volte il Paese;
il testo già quindi evidentemente lacunoso ha avuto in commissione un iter molto travagliato caratterizzato da un enorme quantità di emendamenti, molti dei quali influenzati da spinte lobbiste, che ne hanno via via sbiadito l'impronta originaria introducendovi tematiche non pertinenti e disomogenee, degradandone l'efficacia complessiva;
oltretutto, il ricorso allo strumento di decretazione di urgenza è del tutto inappropriato per delineare una disciplina legislativa che dovrebbe essere organica e di più ampio respiro in una materia così complessa come quella delle liberalizzazioni e questa scelta imposta dal Governo espropria completamente il Parlamento dei poteri che gli sono attribuiti dalla Costituzione;
è sconcertante che nel testo del decreto legge siano state accolte disposizioni che nulla hanno a che vedere con le liberalizzazioni ed anzi introducono elementi di forte accentramento statale. È il caso della norma che impone il trasferimento delle risorse dei comuni alla tesoreria unica dello Stato che se approvata minerebbe l'autonomia degli enti locali, realizzando un vero e proprio esproprio delle loro risorse a favore delle casse dello Stato. È inoltre intollerabile il fatto che il Governo abbia deciso di smantellare l'impianto del federalismo fiscale impoverendo i territori delle già esigue risorse che destinano ai servizi della collettività. La norma si profila inoltre in contrasto con l'articolo 119 sull'autonomia finanziaria dei comuni, nonché in contrasto con i principi di sussidiarietà disciplinati dall'articolo 118 della Costituzione;
il decreto-legge per definizione nasce con caratteristiche di necessità ed urgenza allo scopo di intervenire in ambiti specifici, ne consegue l'incompatibilità rispetto ad un numero eccessivamente elevato di emendamenti specie se, come in questo caso, non strettamente pertinenti all'argomento;
il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato una lettera ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio, in relazione agli emendamenti al decreto "milleproroghe", ricordando come la Corte Costituzionale ha annullato per la prima volta delle disposizioni inserite dalle Camere nel corso della conversione in legge di un decreto proprio perché non rispondenti ai requisiti di attinenza ed urgenza tipici del decreto legge in quanto tale;
invero la Corte Costituzionale lo scorso 16 febbraio, con sentenza n. 22 del 2012 ha indicato in merito alla conversione in legge dei decreti legge alcuni elementi fortemente innovativi, concentrandosi sulla "conversione in legge" della decretazione d'urgenza in quanto tale. Essa afferma che il procedimento di conversione si imbatte nel vincolo costituzionale dell'omogeneità delle modificazioni apportate dal Parlamento, rispetto al testo del decreto-legge. Ove tale omogeneità manchi e la modificazione approvata dal Parlamento sia da ritenersi del tutto estranea al testo del decreto-legge d'iniziativa del Governo, si ha illegittimità costituzionale della disposizione modificativa recata dalla legge di conversione;
si rileva infine che l'inserimento di disposizioni di delega all'interno del disegno di legge di conversione di un decreto-legge configurerebbe una violazione del limite di contenuto posto dall'articolo 15, comma 2, lett. a) della legge 400/1988 . In tal senso il Governo non può avvalersi dello strumento del decreto legge, che per sua natura risponde ad un caso straordinario di necessità ed urgenza, per esercitare deleghe legislative;
tutto ciò premesso,
delibera di non procedere all'esame dell'Atto Senato n. 3110.
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(*) Ritirata in corso di sedut