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Atto a cui si riferisce:
S.4/04432 [Protocolli clinico-assistenziali e riconoscimento della fibromialgia ]



Atto Senato

Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 121
all'Interrogazione 4-04432

Risposta. - Il riconoscimento delle malattie, intese come singole entità nosologiche, non è compito delle istituzioni sanitarie di un Paese, ma della comunità scientifica internazionale.

Comunque, i pazienti affetti da fibromialgia (FM), sindrome da fatica cronica (CFS) e sensibilità chimica multipla (MCS), come tutti i cittadini, possono usufruire delle prestazioni contenute nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), erogabili attraverso le strutture del Servizio sanitario nazionale (SSN), e godere dei previsti benefici in materia di astensione dal lavoro.

Va ricordato che queste condizioni sono oggetto di un numero crescente di richieste di assistenza sanitaria, di segnalazioni da parte di associazioni di pazienti e di iniziative parlamentari, volte soprattutto a richiedere una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e della classe medica. Tali questioni sono da tempo all'attenzione del Ministero, che ha attentamente vagliato tutte le istanze pervenute.

Per quanto attiene la FM, attualmente non sussistono i presupposti per una sua collocazione tra le patologie soggette a specifica tutela. Esiste, infatti, allo stato, una oggettiva difficoltà ad identificare correttamente, sia in termini di prevalenza che di definizione clinica, le forme da prendere in considerazione per un possibile inserimento tra le patologie croniche esenti (decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche) nel rispetto dei criteri previsti dal decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (gravità clinica, grado di invalidità ed onerosità), con conseguente impossibilità di effettuare una corretta valutazione di tale inserimento sotto il profilo economico ed organizzativo.

I pazienti, infatti, presentano diversa condizione di gravità e, conseguentemente, diversi bisogni assistenziali. Inoltre, nel nostro Paese risulterebbe un dato di prevalenza molto alto ed estremamente variabile (dal 2 all'8 per cento della popolazione generale).

Inoltre, risulta essere particolarmente complessa l'individuazione delle prestazioni specialistiche, rispondenti ai criteri definiti dal citato decreto legislativo n. 124 del 1998 (appropriatezza, efficacia, onerosità del costo del trattamento), utili per il monitoraggio e per la prevenzione di eventuali aggravamenti, soprattutto per la numerosità e la variabilità di sintomi che accompagnano tale patologia.

Analogo discorso va fatto per la CFS, perché anche in questo caso esistono rilevanti difficoltà sia ad identificare le forme gravi ed invalidanti, nonché onerose dal punto di vista del trattamento, che ad individuare le prestazioni rispondenti ai criteri dettati dalla normativa, con conseguente impossibilità di effettuare una corretta valutazione di impatto.

Per quanto concerne un inserimento di questa patologia tra le malattie rare, la contraddittorietà dei dati epidemiologici della letteratura non consente di considerarla rispondente al limite di prevalenza (<5/10.000 abitanti) adottato nell'ambito dell'Unione europea.

D'altro canto, la mancanza di segni e sintomi patognomici e di accertamenti specifici, fa sì che alla diagnosi di CFS si arrivi sempre per esclusione, al termine di un complesso iter diagnostico differenziale nei confronti di numerose altre condizioni patologiche. Ora, considerando che la normativa sulle malattie rare prevede l'erogazione gratuita delle prestazioni anche in fase diagnostica, sulla base di un sospetto formulato da uno specialista del SSN, una sua eventuale inclusione tra queste malattie rischierebbe di tradursi in un mero meccanismo di induzione della spesa sanitaria, senza particolari benefici per gli interessati.

Ciò che lamentano maggiormente i pazienti affetti da FM e CFS è comunque la scarsa conoscenza delle loro patologie, che li costringe a lunghi e tortuosi percorsi, alla ricerca del centro o del sanitario che operi una diagnosi corretta. Tale problema è particolarmente rilevante per la fatica cronica, ancora scarsamente nota al di fuori degli ambienti specialistici, anche se centri per la diagnosi e la presa in carico del paziente sono stati istituiti presso alcune strutture ospedaliere ed universitarie appartenenti al SSN (Aviano, Verona, Pisa, Chieti, Roma, Bari).

In tale ottica, sono state avviate alcune iniziative operative, tra cui uno studio, di cui incaricare il Consiglio superiore di sanità (CSS), volto a chiarire le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e terapeutiche ed i bisogni assistenziali dei pazienti fibromialgici, con elaborazione di un documento di supporto ai medici, oltre alla realizzazione di una "consensus conference", con il contributo di istituzioni, società scientifiche, medici e pediatri di base, per sviluppare un consenso aggiornato, utile a stimolare la ricerca e ad implementare le conoscenze.

Per quanto attiene alla condizione nota come MCS, il CSS ha ritenuto nel settembre 2008 che l'indisponibilità di evidenze nella letteratura internazionale non consentisse di considerarla come entità nosologicamente individuabile, affermando, inoltre, che il SSN, attraverso i LEA, sia già in grado di fornire adeguata assistenza a tutti coloro che mostrano intolleranza all'esposizione a sostanze chimiche.

Su tale materia è in corso un dibattito nel quale gli esperti sono spesso attestati su posizioni talora assai distanti, affermando alcuni l'esistenza della patologia, altri negandola. Ciò, peraltro, non consente di prevedere l'inserimento della MCS tra le patologie oggetto di particolare tutela, a motivo della mancanza di conoscenze consolidate e condivise che aiutino la comunità scientifica a definire criteri e metodi necessari per effettuare una precisa diagnosi ed un'efficace gestione clinica.

Peraltro, in alcuni casi è stato segnalato che i malati rifiutano di sottoporsi ai trattamenti sanitari, a causa del timore di possibili reazioni avverse scatenate dalla contaminazione chimica di ambienti ed attrezzature. D'altro canto, alcuni medici sono talora riluttanti ad accogliere pazienti che denunciano determinati sintomi, proprio per il rischio di gravi manifestazioni che non possono essere facilmente controllate a causa delle scarse conoscenze, con il risultato di avere difficoltà nell'applicazione di specifici protocolli di ospedalizzazione.

Le iniziative attualmente più efficaci consistono, quindi, nell'ulteriore promozione di studi e ricerche che possano colmare le lacune ancora imponenti sulla MCS, definendone l'eziologia e la patogenesi, producendo stime epidemiologiche affidabili e proponendo validati schemi di trattamento e prevenzione.

In attesa che ciò avvenga, per venire incontro alle attese dei pazienti, è parso utile garantire alcune semplici misure assistenziali, anche al fine di limitare le richieste di trattamenti all'estero, dove taluni sanitari offrono a tariffe elevatissime prestazioni di dubbia efficacia.

In tale ottica, presso il Ministero è stato attivato un tavolo di lavoro che si avvale anche di professionalità esperte, segnalate dalle associazioni dei pazienti, con i seguenti obiettivi: 1) analisi e confronto dei criteri diagnostici proposti ed in uso; 2) proposta di criteri empirici, basati sulla gravità e sulla frequenza dei sintomi, per l'individuazione dei soggetti cui indirizzare particolari forme di tutela; 3) indicazioni per il trattamento, anche solo sintomatico o di sollievo; 4) suggerimenti circa le misure utili a ridurre l'esposizione ai fattori scatenanti; 5) suggerimenti circa le iniziative utili a favorire l'accesso alle strutture del SSN.

FAZIO FERRUCCIO Ministro della salute

27/04/2011