Testo interrogazione a risposta scritta
Atto a cui si riferisce:
C.4/15813 [Blocco delle attività di pesca]
DI GIUSEPPE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
le imprese di pesca nell'Adriatico e, in particolare, quelle del compartimento Molisano di Termoli, hanno avviato dal 2009 una serie di azioni giudiziarie contro il Ministero delle politiche agricole, avverso le modalità d'imposizione del fermo pesca che, come noto, devono muoversi nel quadro della normativa europea;
il Ministro delle politiche agricole, con un suo decreto (ai sensi della legge 14 luglio 1965, n. 963, in uno con il reg. CEE n. 1198 del 2006), ogni anno dispone il blocco temporaneo dell'attività della pesca, differenziando la decorrenza e la durata a seconda delle zone (le GSA) che l'UE, d'intesa con gli Stati membri, individua secondo comuni peculiarità fisiche e batimetriche della costa e del mare, nell'ambito di un piano operativo e di un piano di gestione nazionali (ai sensi del già detto reg. CEE 1198 del 2006), adottati e proposti all'approvazione dell'UE;
i decreti ministeriali, così adottati, vengono firmati e poi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, gli stessi decreti precisano, negli ultimi articoli, che l'entrata in vigore delle prescrizioni e, quindi, la loro efficacia, viene fissata nel giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;
detti decreti, però, disponendo il blocco in generale dal 1o al 31 agosto 2011, benché firmati il 30 luglio 2011, sono stati sempre fatti osservare con rigore, ad avviso degli interroganti, eccessivo dalla capitaneria di porto, impedendo le attività di pesca già dal 1o agosto 2011; non solo prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ma senza neppure la notifica agli armatori, comportamento inammissibile in uno stato di diritto, aggravato dal fatto che la pubblicazione è sempre avvenuta tra settembre ed ottobre, come ad esempio nei casi del decreto ministeriale 14 luglio 2005 (Gazzetta Ufficiale 214 del 14 settembre 2005), decreto ministeriale 18 luglio 2006, (Gazzetta Ufficiale n. 212 del 12 settembre 2006), decreto ministeriale 25 luglio 2007 (Gazzetta Ufficiale n. 234 dell'8 ottobre 2007), decreto ministeriale 18 luglio 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 238 del 10 ottobre 2008), decreto ministeriale 30 luglio 2009 (Gazzetta Ufficiale n. 191 del 19 agosto 2009), quando era scaduto il periodo di interruzione dell'attività di pesca. Tra l'altro, lo Stato non ha adottato negli anni alcun piano di gestione, se non il 17 giugno 2010, e tanto meno l'Unione europea ha potuto approvare alcuno strumento;
gli armatori hanno contestato dapprima innanzi al TAR del Molise i comportamenti del Ministero delle politiche agricole che hanno imposto l'arresto delle attività di pesca limitatamente dal 2005 al
2009 chiedendo i danni derivanti da tale plateale illegittimità. La decorrenza è stata dal 2005, solo perché per gli anni precedenti era scattata la prescrizione, anche se l'azione illegittima del Ministero risaliva a qualche decennio prima;
anche una denunzia-querela fu inoltrata alla procura della Repubblica di Larino, nei confronti dei vertici e gli altri eventuali correi. La denunzia, tuttora sub iudice, riguarda tutti gli anni dal 2005 al 2009; essa spiega la sequenza ad avviso degli interroganti, sconcertante dei provvedimenti che hanno disposto il fermo, esemplificativi di una condotta punitiva e per nulla regolare della direzione generale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e della Capitaneria di Termoli, risulta che i militari ogni anno, prima dell'emanazione dei DM di arresto, abbiano sempre imposto agli armatori la consegna delle carte di bordo riferendo della firma del provvedimento ministeriale, ed ottenendo così l'esecuzione coattiva di atti in realtà non validi e neppure efficaci;
addirittura, per il 2009, a fronte dell'impugnativa dei provvedimenti di blocco delle attività di pesca innanzi al TAR del Molise (RG 323/09) poi sospesi con decreto presidenziale, risulterebbe che i militari, costretti a riconsegnare i documenti agli armatori, al momento della restituzione delle carte di bordo, hanno preteso che ogni imprenditore sottoscrivesse una dichiarazione, redatta dalla capitaneria, per cui, uscendo in mare giusta il provvedimento del TAR, non avrebbero ottenuto il premio del fermo da parte dell'amministrazione centrale. Hanno altresì preteso la sottoscrizione del documento per ricevuta. Taluni armatori, però, temendo la perdita di contributi, per via della dichiarazione imposta, hanno deciso di non ritirare i documenti e di non riprendere la pesca;
successivamente alla sospensiva, il D.G., al posto del Ministro, ha emanato un nuovo decreto di fermo, in elusione ad avviso degli interroganti della sospensione operata dal TAR, che addirittura prolungava il blocco per gli imprenditori molisani che avevano proposto ricorso, consentendo il rientro in mare agli altri. Atto questo impugnato con motivi aggiunti e sospeso dal TAR il 2 settembre 2009, all'esito della camera di consiglio (ordinanza n. 207) che ha conclamato l'abuso: «...alla luce del dedotto vizio di incompetenza del direttore generale, tenuto altresì conto che - alla odierna udienza - parte ricorrente ha documentato, tramite il deposito del ruolino di equipaggio di alcune motonavi, l'autorizzazione da parte della Capitaneria di Porto di Termoli alla ripresa della pesca a strascico e/o volante, prima della scadenza del termine fissato dal predetto decreto del 19 agosto 2009 al 5 settembre 2009...»;
peraltro, va evidenziato che, contrariamente alla disciplina del FEP (il fondo europeo per la pesca), i provvedimenti di arresto non hanno mai previsto misure compensative. Ciò si evince dagli stessi decreti: il decreto ministeriale 14 luglio 2005 (Gazzetta Ufficiale 214 del 14 settembre 2005) all'articolo 8, il decreto ministeriale 18 luglio 2006 (Gazzetta Ufficiale n. 212 del 12 settembre 2006) all'articolo 7, il decreto ministeriale 25 luglio 2007 (Gazzetta Ufficiale n. 234 del 8 ottobre 2007) all'articolo 6, decreto ministeriale 18 luglio 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 238 del 10 ottobre 2008) all'articolo 6, tutti titolati «Misure sociali di accompagnamento alle interruzioni temporanee». Infatti, per «l'interruzione temporanea» hanno unicamente previsto la corresponsione di «misure sociali di accompagnamento, consistenti in: a) erogazione diretta del minimo monetario garantito, previsto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro vigente, a ciascun marittimo che risulti dal ruolino d'equipaggio imbarcato alla data di inizio dell'interruzione tecnica; b) oneri previdenziali ed assistenziali, dovuti per i marittimi di cui alla precedente lettera a), da versare ai relativi istituti di previdenza ed assistenza» quindi, nessun indennizzo alle imprese, ma solo misure compensative sociali per i marittimi. In altri termini, è stata data la cassa integrazione ai dipendenti,
ma non l'indennizzo alle imprese; addirittura il decreto ministeriale 30 luglio 2009 (Gazzetta Ufficiale n. 191 del 19 agosto 2009) non ha previsto misure compensative neppure per i pescatori;
per questi fatti gli armatori hanno proseguito nell'azione giudiziaria, contestando innanzi al TAR Lazio tutti i comportamenti del Ministero delle politiche agricole che hanno imposto l'arresto delle attività di pesca dal 2005 al 2009 in assenza dell'efficacia dell'attore per altre ragioni, ovviamente, riferite alla già detta violazione della legge, nazionale e comunitaria: i blocchi erano stati disposti senza che lo Stato avesse adottato il piano di gestione delle coste per il periodo 2007/13 (adottati solo il 17 giugno 2010). La questione si è risolta con la sentenza n. 29374/10 che ha riconosciuto «la colpa dell'amministrazione resistente e, pertanto, i danni subiti dagli interessati, per le annate 2005-2008, devono essere risarciti, ...», decisione che ha sancito l'inefficacia dei provvedimenti siccome non pubblicati e neppure portati a conoscenza degli imprenditori, ma immediatamente eseguiti coattivamente dall'amministrazione con un'azione coattiva ritenuta del tutto illegittima;
la sentenza è stata quindi impugnata dal Ministero (RG 660/11, Consiglio di Stato, sez. III). All'udienza per la discussione cautelare il collegio ha rigettato la richiesta di sospensione condannando addirittura il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali stesso alle spese della fase. Inopinatamente, però, il 20 maggio 2011 il collegio, in maniera del tutto inaspettata e sovvertendo anche quanto da esso stesso detto in fase cautelare, ha accolto l'appello con due affermazioni che gli interroganti risultano non vere e contrarie alla realtà ed allo stesso buon senso, e cioè che:
a) l'imposizione del fermo sarebbe stata accompagnata da indennizzi compensativi (fatto smentito dal tenore dei DDM impugnati che non hanno previsto indennizzi di sorta;
b) addirittura, gli armatori avrebbero effettuato ed eseguito il fermo di loro libera e spontanea volontà (fatto smentito dalla denunzia-querela avanzata dagli imprenditori). È lecito pensare, che in tal modo, forse, qualche funzionario eviterebbe la rivalsa per danno erariale della Corte dei conti;
avverso tale abnorme sentenza, ad avviso degli interroganti del testo abnorme gli armatori adriatici, dopo aver reiterato le denunce penali nei confronti dei responsabili delle azioni repressive illegittime, e che sono ora all'attenzione sia della Procura della Repubblica di Larino che di quella di Roma, hanno proposto, sempre innanzi al Consiglio di Stato, un'azione di revocazione per evidente errore di fatto. L'udienza è prevista per il prossimo maggio -:
se i gravi comportamenti illegali denunciati siano ormai abbandonati dall'amministrazione della marina mercantile;
se non ritenga il Ministro di ammettere nell'ambito del giudizio di revocazione, innanzi al Consiglio di Stato la verità dei fatti, con riferimento alla coercizione effettuata sia la mancanza di erogazione degli indennizzi compensativi;
se non si ritenga, comunque, di disporre, anche in via transattiva, un equo indennizzo agli armatori così ingiustamente colpiti.
(4-15813)