• Testo interrogazione in commissione

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Atto a cui si riferisce:
C.5/06284 [Sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo relativa ai respingimenti]



ZACCARIA, TOUADI, BRESSA, VILLECCO CALIPARI, CUPERLO, BOSSA, MURER, ZAMPA, MELIS e GOZI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 6 maggio del 2009 le autorità italiane intercettarono, 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali, una

nave con a bordo circa 200 persone di nazionalità somala ed eritrea, tra cui bambini e donne in stato di gravidanza;
durante le operazioni di respingimento, i migranti furono trasbordati su imbarcazioni italiane e riaccompagnati a Tripoli contro la loro volontà, senza essere prima identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro effettiva destinazione, e senza che fosse loro concessa alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia, come peraltro già denunciato in una dettagliata mozione che fu presentata dal Pd su questa specifica vicenda nell'ottobre del 2009;
successivamente, 24 dei 200 migranti allora respinti (11 somali e 13 eritrei) sono stati rintracciati e assistiti in Libia dal Consiglio italiano per i rifugiati, e hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro il comportamento delle autorità italiane;
giovedì 23 febbraio 2012 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, nella pronuncia relativa al caso Hirsi ed altri n. 27765/09, ha condannato l'Italia per i respingimenti effettuati verso la Libia il 6 maggio del 2009, accogliendo 22 dei 24 ricorsi presentati, per violazione da parte dell'Italia innanzitutto dell'articolo 3 della Convenzione, secondo il quale nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene né a trattamenti inumani o degradanti; la violazione dell'articolo 3 della Convenzione è stata peraltro riconosciuta sotto un duplice profilo, sia con riferimento al rischio che vi fu per i ricorrenti di essere sottoposti a trattamenti disumani in Libia, sia con riferimento al rischio di essere rimpatriati in Somalia ed Eritrea;
la Corte ha altresì stabilito l'avvenuta violazione da parte dell'Italia dell'articolo 4 del protocollo n. 4 allegato alla convenzione, che stabilisce il divieto delle espulsioni collettive di stranieri, nonché dell'articolo 13 della medesima convenzione, laddove prevede che «ogni persona i cui diritti e le cui libertà, riconosciuti nella presente Convenzione sono violati ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un'istanza nazionale...»;
a seguito della grave sentenza di condanna emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia, numerose sono state le prese di posizione all'interno del Governo: il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti ha subito parlato di sentenza che peserà sulle scelte future del nostro Paese nei rapporti con la Libia; il Ministro interrogato ha affermato che «sono in corso serrati contatti con la nuova dirigenza libica al fine di riavviare la collaborazione operativa fra i due Paesi e che ogni iniziativa intrapresa sarà improntata all'assoluto rispetto dei diritti umani e alla salvaguardia della vita degli uomini in mare»; il Ministero degli affari esteri ha, invece, voluto precisare che «il trattamento riservato a migranti e profughi messi in salvo è stato sempre conforme agli obblighi internazionali ed informato ai fondamentali principi di salvaguardia dei diritti umani», mentre da agenzie di stampa si apprende che fonti interne al Ministero degli affari esteri avrebbero commentato la sentenza di Strasburgo dicendo che l'Italia «rispetta» e «analizzerà» il verdetto -:
quali iniziative di competenza intenda assumere affinché, all'indomani della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, e tenuto conto dell'avvenuta caduta del regime di Gheddafi, nei rapporti con la Libia in materia di immigrazione sia assicurata la piena attuazione dei diritti fondamentali dell'uomo quali riconosciuti dal diritto internazionale generale e pattizio e, in particolare, dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo.
(5-06284)