Testo risoluzione in commissione
Atto a cui si riferisce:
C.7/00729 [Riconsiderare le modalità di accesso agli studi universitari]
La VII Commissione,
premesso che:
il numero chiuso per l'accesso all'università sta producendo effetti paradossali, che si rifletteranno sinistramente sull'assetto futuro della società italiana;
al di là delle perplessità sulla qualità dei test di accesso, sulla massa di ricorsi che puntualmente ogni anno si rovescia sui tribunali amministrativi, sul dilagare del nefasto sistema delle raccomandazioni, che in sostanza impedisce ai migliori di accedere, si osserva che la limitazione degli accessi è basata da un lato su una valutazione della capacità di assorbimento del mercato del lavoro del tutto arbitraria, dall'altro sulla capacità di assorbimento dei singoli atenei, anch'essa basata su presunzioni del tutto teoriche, in quanto la qualità dello studio dei laureati non risulta aumentata da quando si è adottato il sistema del numero chiuso;
ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 264 del 1999, il numero di posti per quei corsi regolati nel Paese è determinato dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica «sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» (articolo 3, comma 1, lettera a) della citata legge); tenendo conto dell'incapacità del suddetto Ministero di valutare quale sarà il mercato del lavoro nel lungo periodo, si è pervenuti all'individuazione di soglie dotate di una forte componente di arbitrarietà;
a riprova di quanto affermato il Piano sanitario nazionale (PSN) per il triennio 2011-2013 stima in circa 17.000 il numero dei medici che lasceranno il Servizio sanitario nazionale entro il 2015. Considerando il numero medio di laureati in medicina e chirurgia per anno accademico e la quota di questi che viene immessa annualmente nel Servizio sanitario nazionale, ci si aspetta, a partire dal 2012, un saldo negativo tra pensionamenti e nuove assunzioni. Si stima, inoltre, che la forbice tra uscite ed entrate tenderà ad allargarsi negli anni a seguire data la struttura per età ed il numero di immatricolazioni al corso di laurea in medicina e chirurgia. In sintesi, ci si attende una carenza di circa 22.000 medici dal 2014 al 2018;
al test d'ingresso che nel mese di settembre 2011 ha impegnato aspiranti medici in tutt'Italia hanno partecipato circa 90 mila ragazzi per conquistare uno dei 10 mila posti disponibili; test che sono considerati dai partecipanti una sorta di lotteria; da un sondaggio di Universi Net su un campione, piuttosto significativo, di 16.128 ragazzi è risultato che il 57 per cento delle studentesse e il 39 per cento degli studenti sono pronti a fare sesso in cambio dell'ammissione. Schiacciante il risultato su cosa sia più importante fare per essere, ammessi all'università: solo per il 12 per cento conta lo studio mentre per l'86 per cento è più importante la raccomandazione. In ogni caso per essere raccomandati i giovani del 2011 punterebbero più su un prelato o su un parente (13 per cento) che su un politico nazionale (12 per cento);
ulteriori elementi di perplessità devono essere sollevati in relazione alla gestione degli studenti stranieri e dei posti ad essi riservati; sintomatico il dato, ricavato dalle statistiche su ricerca scientifica e sviluppo tecnologico diffuse dalla Unione europea a fine luglio 2011, secondo il quale tra i risultati tutti sotto la media comunitaria raggiunti dal nostro Paese, spicca inspiegabilmente la vigorosa crescita del numero di laureati extra-europei (+14,2 per cento);
con sentenza 7 giugno-18 ottobre 2011, n. 5593 la VI sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che un cittadino italiano che sia stato respinto (rectius: non ammesso in base ad una graduatoria) alle
selezioni per l'ammissione all'università non ha possibilità di fruire dei posti riservati dall'ateneo ai cittadini extracomunitari non residenti in Italia, anche nella ipotesi in cui gli stessi siano rimasti vacanti; con riferimento all'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n. 264, il Consiglio non ha tenuto conto «dell'offerta potenziale del sistema universitario», ma ha preferito fondare la propria decisione sul concetto di «fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo»; fabbisogno che, non sarebbe inciso dagli studenti extracomunitari non residenti in Italia i quali, dopo il conseguimento del titolo di studio, sarebbero destinato a rientrare al proprio Paese di origine, senza alcuna incidenza sulla situazione occupazionale italiana,
impegna il Governo:
ad assumere le necessarie iniziative normative dirette a modificare profondamente i criteri di limitazione dell'accesso agli studi universitari in particolare sopprimendo il criterio del «fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) della citata citata legge n. 264 del 1999;
ad assumere iniziative dirette a consentire con effetto immediato, la possibilità che gli studenti italiani che risultino tra i primi non ammessi nelle graduatorie di accesso degli atenei occupino i posti lasciati vacanti dagli studenti extracomunitari, sino a concorrenza dei medesimi;
a valutare la possibilità di riconsiderare integralmente le modalità di accesso agli studi universitari, in considerazione della elevata aleatorietà del sistema basato su quiz di cultura generale, assumendo iniziative normative dirette a prevedere invece che l'accesso sia libero e che siano le università stesse a selezionare coloro che ritengono meritevoli di proseguire gli studi, in base a risultati didattici reali, conseguiti in un periodo da definirsi di prova che potrà essere annuale o biennale a seconda delle facoltà.
(7-00729) «Mario Pepe (Misto-R-A)».