Testo mozione
Atto a cui si riferisce:
C.1/00685 [Costituzione di unioni di comuni]
La Camera,
premesso che:
il sistema di governo locale, pur facendo perno sui comuni e sulle province, si presenta oggi assai più articolato di quanto emerga dalla lettura dell'originario dettato costituzionale, non solo perché il legislatore ordinario ha istituito nuovi enti locali territoriali quali la comunità montana e la città metropolitana (quest'ultima ora costituzionalizzata), ma anche perché ha incentivato in vari modi la cooperazione e l'associazione tra gli enti locali;
per lungo tempo l'Italia è rimasta sostanzialmente estranea ad ogni operazione di semplificazione del reticolo del governo locale, pur essendo il problema di tutta evidenza;
il regime fascista, stando ai dati del 1921, ereditò 9.144 comuni. Successivamente, con il regio decreto 29 luglio 1927 n. 1564, si tentò una politica di accorpamento di comuni che, nel breve volgere di qualche anno, li fece calare a 7.310 (nel 1931). In seguito questa tendenza si invertì evidenziando un aumento delle istituzioni locali di base: 7.681 nel 1946, 8.021 nel 1960, 8.056 nel 1971, 8.103 nel 1997. Il dato interessante è che anche dopo l'istituzione delle regioni, il numero dei comuni non accenna a diminuire. Ad oggi, abbiamo 8.101 comuni;
l'unione dei comuni è uno strumento amministrativo per la prima volta introdotto con la legge n. 142 del 1990, successivamente correto con la riforma attuata dalla legge n. 265 del 1999 e poi trasferito, con modifiche, nel Testo unico degli enti locali, decreto legislativo n. 267 del 2000. Le modifiche hanno principalmente riguardato i vincoli demografici per i comuni che desiderano partecipare ad un'unione, rimuovendo il tetto dei 5.000 abitanti (inizialmente l'istituto era stato pensato per i piccoli comuni) e l'obbligo di fusione;
nel nostro Paese le unioni sono 313 e vi aderiscono in tutto 1.561 comuni, per un totale di 5.758.607 abitanti. Le 313 unioni di comuni sono distribuite in 17 regioni italiane (non ne esistono in Valle d'Aosta, Liguria e Basilicata, probabilmente anche a causa della conformazione del territorio delle stesse e della storica presenza di comunità montane). Le unioni italiane sono composte in media da 5 comuni, con un range di variabilità ampio, andando da un minimo di 2 comuni ad un massimo di 20. I dati nazionali testimoniano comunque una prevalenza di unioni composte da pochi comuni. Questo comporta che sul piano nazionale, ogni unione è abitata in media da 18.398 abitanti, raggiungendo quindi agglomerati di una certa importanza. In termini relativi, le
unioni con popolazione tra 10.000 e 25.000 abitanti rappresentano la maggioranza (35 per cento);
l'unione, nasce con lo scopo di gestire e migliorare la qualità dei servizi erogati e delle funzioni svolte, di ottimizzare le risorse economico-finanziarie, umane e strumentali, di esercitare ai sensi dell'articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, in forma unificata per i comuni aderenti, le seguenti funzioni e servizi, nonché le funzioni previste dal decreto-legge 31 maggio 2010, 78 (misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica): servizi sociali; protezione civile; canile; musei; servizi ricreativi e culturali; avvocatura; mobilità - sistema trasporti intercomunali; sportello unico informa giovani; ufficio coordinamento dello sviluppo economico, sociale, ambientale, infrastrutturale del comprensorio, utilizzando tutti gli strumenti di concertazione e partenariato sociale opportuno; servizio informatico; servizio affissioni; difensore civico; nucleo di valutazione; servizio di mappatura delle funzioni e dei servizi dell'unione. All'unione possono essere attribuite altre funzioni e/o servizi con deliberazione del consiglio dell'unione previa delibera in tal senso dei comuni partecipanti all'Unione stessa;
la crisi e il processo di globalizzazione impongono la necessità di superare le frammentazioni e presentare i territori come entità coese, organizzate e rappresentative dei bisogni sociali ed economici della collettività. Le unioni possono rappresentare un utile strumento per superare le difficoltà che i comuni di piccole e medie dimensioni incontrano e nel reperire le risorse finanziarie necessarie alla fornitura di servizi per la collettività;
l'unione dei comuni, se opera correttamente può consentire una maggiore efficacia ed efficienza nella spesa per servizi con effetti favorevoli sulla crescita economica delle aree interessata dall'unione. I fattori che possono rendere conveniente l'istituzione di un'unione di comuni sono i seguenti: un miglioramento qualitativo dei servizi (anche in rapporto al loro costo); una gestione più razionale delle risorse (anche umane) e un taglio dei costi; un miglioramento quantitativo dei servizi; un maggiore potere contrattuale nella richiesta di contributi allo Stato, alla regione o all'Unione europea;
le unioni, trasmettono un senso di attivismo e di sapienza innovativa, e soprattutto aumentano la percezione positiva, da parte dell'opinione pubblica locale, riguardo l'operato delle amministrazioni. Offrono l'immagine di enti che vogliono fare, che si stanno dando da fare. Danno l'idea di una perizia concreta da parte delle amministrazioni nel loro agire. Un altro punto a vantaggio delle unioni è quello di incrementare il senso della comunità. Questo è un aspetto importante: valorizzano il senso del locale, confutano l'idea che vivere nei piccoli centri vuol dire avere meno servizi;
le unioni sono avvertite come una risposta allo spopolamento, un segnale della volontà di chi amministra, di chi fa politica, di occuparsi non solo del territorio, ma anche di invertire il processo di allontanamento dello sviluppo dai piccoli centri;
in altri Paesi europei l'aggregazione dei comuni ha dato ottimi risultati. In Danimarca è stato recentemente stabilito che gli attuali 260 comuni verranno ridotti a circa un centinaio attraverso un vasto processo di fusione, che risulta ampiamente condiviso e promosso dal basso. La Danimarca può essere considerata un caso di punta nel processo fusionista che però ha interessato in tempi non recentissimi anche altri paesi del centro e nord Europa, a differenza dei paesi «Club Méd», Francia (37.763 comuni), Italia e Spagna. Il Belgio è passato da 2.669 comuni a circa 600; la Germania da 38.814 comuni a poco più di 8 mila; la Gran Bretagna da 1.383 comuni a 400; la Svezia da 2.281 comuni a 286;
le giurisdizioni di base, i comuni e enti analoghi, presentano nella loro consistenza
demografica una variabilità enorme. La popolazione media di un comune francese è di circa 1.600 abitanti, di un comune italiano di poco superiore ai 7.100, in Inghilterra e nel Galles di 135.700. Inoltre, in Austria, Francia, Italia e Spagna sono presenti gamme demografiche molto ampie, da giurisdizioni di poche decine di abitanti a città di milioni di abitanti. Nei paesi scandinavi la taglia minima si aggira attorno ai 5.000 abitanti, con una media tra 10.000 e 30.000;
i comuni sono la più antica istituzione italiana, quella più vicina ai cittadini e non è possibile pensare di sopprimerla. Si dovrebbe dunque prevedere che resti il consiglio comunale ed il sindaco, ma che tutti i servizi comunali siano affidati ad una unione tra comuni (senza alcun costo aggiuntivo a carico dei comuni) in modo da raggiungere una soglia minima di 20-25mila cittadini amministrati. Si avrebbero così circa 450 centri di spesa rispetto ai quasi 6000 di oggi. Oggi anche il più piccolo dei comuni ha un servizio demografico, un servizio tecnico, un servizio di contabilità, un servizio di assistenza sociale, un servizio di polizia comunale, un servizio elettorale e cosi via. Con l'obbligo di aggregazione tutti questi servizi dovranno essere affidati obbligatoriamente all'unione tra comuni, alla quale sarà trasferito tutto il personale. Ciò permetterà sensibili riduzioni dei costi, almeno del 20 per cento di quelli attuali,
impegna il Governo:
al fine di assicurare un efficace esercizio delle funzioni e dei servizi comunali in ambiti territoriali adeguati, a prendere le opportune iniziative anche normative - ferme restando le prerogative del Parlamento - per imporre ai comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti di costituire un'unione ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e per stabilirne le funzioni fondamentali, precisando, per evitare duplicazioni, che i comuni non potranno svolgere singolarmente una funzione il cui esercizio sia stato demandato all'unione di comuni, specificando che spetterà alle regioni il compito di individuare con legge la dimensione ottimale e omogenea per area geografica, e semplificando al massimo la composizione degli organi dell'unione;
a destinare i risparmi conseguiti a seguito della costituzione delle unioni dei comuni a misure volte a ridurre la compartecipazione al servizio sanitario da parte degli assistiti ed a ripristinare una piena indicizzazione al costo della vita delle pensioni.
(1-00685)
«Donadi, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Piffari, Aniello Formisano, Barbato, Palagiano, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palomba, Porcino, Rota, Zazzera».