• Testo interrogazione a risposta orale

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Atto a cui si riferisce:
S.3/02170 [Strategia della Consob nei confronti delle banche]



LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che:

si legge sul sito di Agi News on: «"Occorrono meno regole ma applicate in modo più ficcante" sostiene il presidente della Consob Vegas nella sua relazione annuale», a giudizio dell'interrogante un teatrino con recita a soggetto dove mancavano i rappresentanti dei risparmiatori truffati dalle banche con il concorso dei distratti controllori;

l'articolo prosegue: «"Siamo certi che le regole diminuiranno, siamo quasi certi che la loro applicazione sarà funzione di opportunità politica". La relazione di Vegas non affronta gli effetti nulli, anzi negativi, realizzati dalla Commissione sul versante degli "utilizzatori finali", cioè dei risparmiatori e degli investitori privati. A causa di omessi controlli o di controlli solo formali saranno solo i cittadini a pagare una ben programmata inefficienza. Un esempio? La Consob esce sconfitta sul fronte della UE: come per la impostazione della Mifid, la "visione" anglosassone ha vinto anche per la definizione delle caratteristiche del documento sintetico che deve accompagnare la collocazione dei fondi di investimento da parte dei promotori finanziari. Dal primo luglio 2011, infatti, entrerà in vigore in tutta la UE la direttiva europea sui fondi di investimento (Ucits IV): salteranno anche i pochi presidi normativi posti in essere a salvaguardia della posizione del risparmiatore italiano, faticosamente impostati dai vari regolamenti della Commissione e dal Testo unico finanziario. In ogni caso, la Consob non è stata in grado di difendere neanche quei minimi presidi vigenti in Italia, vuoi perché i grandi potentati finanziari sono sempre stati contrari ad ogni regola che impacciasse la loro azione, vuoi perché, nei consessi europei, alle spalle di Consob si trova un supporto governativo ormai squalificato sul fronte internazionale. E si prospetta un ritorno alla grande della collocazione di derivati con meccanismo "rivisto" dal MEF. Insomma, tutto deve cambiare perché nulla cambi»;

a giudizio dell'interrogante i primi deludenti atti del presidente Vegas, invece di segnare una svolta, una inversione di tendenza rispetto alla precedente gestione, tendono a confermare l'esistente. Anche con la trovata "geniale", sempre dal punto di vista degli interessi dei banchieri, della vendita dei "bond da banco" per collocare presso le famiglie circa 137 miliardi di obbligazioni bancarie che nessuno vuole e che, se non saranno sottoscritte, produrranno guai seri alla tenuta delle banche ed alle provvigioni, prebende e stock option dei signori bankster nostrani;

considerato che:

in un articolo pubblicato su "Il Corriere della sera" del 15 maggio 2011, dal titolo "Le scelte dell'Autorità sull'Opa mancata", Salvatore Bragantini offre, a giudizio dell'interrogante, una versione partigiana della Consob, che ha imposto l'obbligo dell'Opa a Groupama, esentando Unicredit dall'offerta dell'Opa su Fondiaria Sai: «La Consob ha esentato Unicredit dall'obbligo di Offerta pubblica d' acquisto (Opa) su Premafin e a cascata su Fondiaria-Sai, Milano Assicurazioni, etc. L'operazione, va detto, non è molto diversa da quella prospettata solo poco fa dall'assicuratrice francese Groupama, e dalla Consob assoggettata, invece, all'obbligo di Opa. Bisogna dedurne che si sono usati due pesi e due misure, e che queste decisioni si inquadrano nel bellum gallicum che sembra in atto? Non si conosce ancora la delibera Consob, ma solo il sunto che ne hanno fatto Premafin ed Unicredit. Ciò premesso, la decisione è appropriata, pur se pare trascurare alcuni tratti del nostro capitalismo anticoncorrenziale. Perché dunque due diverse decisioni su vicende che paiono simili? Secondo il comunicato delle due società, l'esenzione spetterebbe ora (e non sarebbe invece spettata sulla richiesta di Groupama), perché l'Isvap, autorità di regolazione del settore ha-nel frattempo-inviato al gruppo assicurativo una perentoria richiesta di ricapitalizzazione. C'è da credere che il comunicato sia approssimativo; questa sola ragione suonerebbe -se confermata -molto formale, e tale da dare corda ai dietrologi, convinti che si sia davanti a un altro episodio della drole de guerre sopra detta. Le autorità di controllo collaborano fra di loro: sarebbe bastata, a marzo, una telefonata all'Isvap per sapere cosa bolliva nella pentola di un gruppo le cui forti difficoltà erano anche allora notorie. Il punto è un altro. Groupama mirava -anche se con una serie di mosse graduali, per non dare nell'occhio -ad acquisire il controllo di un importante operatore del suo settore, le assicurazioni. Per questo la richiesta di esenzione dall'offerta, obbligatoria per il passaggio del controllo (anche congiunto) andava bocciata, lo si è scritto agli inizi di questa vicenda ("Corriere", 11 novembre 2010); non perché fosse allora ignota una situazione poi svelata improvvisamente dall'Isvap. Ben diversa la situazione per Unicredit che-dopo il fallimento del suddetto tentativo "industriale"-coopera di necessità al salvataggio del gruppo Premafin/Fonsai per tutelare un suo traballante credito. Tutto bene dunque? Non proprio, perché per gli attenti osservatori delle nostre vicende la cosa non finisce qui; c' è ancora qualcosa da dire, meglio, da fare, sul tema. Se Unicredit è più esposto verso i piani alti del gruppo, a livello di Fondiaria-Sai il principale creditore è Mediobanca, di cui Unicredit è il maggiore azionista.Sono, allora, Unicredit e Mediobanca a dover tutelare i loro crediti e ad escogitare assieme il salvataggio. Inoltre, il sistema controllato -con sempre maggior affanno -dal gruppo Ligresti/Premafin/Fondiaria-Sai è pezzo essenziale di un laoocontesco, marmoreo blocco che avviluppa insieme, oltre a Unicredit e Mediobanca (partecipata dal gruppo Ligresti), le Generali (sue concorrenti), Rcs, Pirelli, Telecom Italia, Italmobiliare e così via. A nessuno sfugge che la delibera Consob, in sé ineccepibile, irrigidisce però ancora quello statuario blocco, senza alcuna apertura verso un suo graduale, non si dice scioglimento, ma almeno alleggerimento. Così si saldano insieme Mediobanca, Ligresti, Unicredit e Generali e via inviluppando. Le note preoccupazioni dell'Autorità Antitrust per i conflitti d' interesse di banche e assicurazioni potevano (e forse ancora potrebbero) suggerire di subordinare l'esenzione ad adeguati rimedi (remedial action in gergo). Questi possono essere di varia natura, dalla cessione di partecipazioni allo sfoltimento della barocca e dispendiosissima struttura di controllo; l'Antitrust certo collaborerebbe volentieri. Cosa avverrebbe, ad esempio, se domani Groupama volesse rilevare la posizione di Unicredit tal quale? O se, a risanamento compiuto, Unicredit volesse continuare a mantenere la posizione nel gruppo Ligresti, per poi magari seguire il sentiero di graduale acquisizione del controllo cui pensava Groupama? Il prescindere dall'evidente diversità di scopo delle due operazioni può causare conseguenze spiacevoli. Si potrebbe pensare che la Consob non abbia titolo ad imporre qualche remedial action, ma così non è: se davvero si vuol solo salvare il gruppo per recuperare il credito, la disponibilità dei salvatori a questi rimedi ne sarebbe una prova lampante. La Consob ha il dovere di "proteggere gli investitori e di promuovere la crescita del mercato", ha detto il suo presidente il 9 maggio nel discorso al mercato finanziario: è un test molto arduo, ma ora c' è una grande occasione da cogliere per chi sa, e vuole, davvero farlo"»,

si chiede di sapere:

se risulti che la Consob abbia inteso favorire i banchieri, specie il gruppo Unicredit con i quali continua ad andare a braccetto, ideando un sistema più raffinato per collocare presso le famiglie obbligazioni bancarie che nessuno vuole non fidandosi delle banche, spesso infarcite di sottostanti derivati, denominate "bond da banco";

se risultino le motivazioni che avrebbero indotto la Consob ad esentare l'Opa obbligatoria di Unicredit, dove spadroneggia Palenzona, sul Gruppo Ligresti;

se risulti quale sia la strategia della Consob, che ha esentato Unicredit dall'obbligo dell'Opa su Premafin e a cascata su Fondiaria-Sai, Milano Assicurazioni, assoggettando al contrario qualche giorno prima la francese Groupama, all'Opa obbligatoria, e se tale ricorso disinvolto da parte della Commissione a due pesi e due misure non getti discredito sulla residua credibilità interna ed internazionale di tale autorità che sembra deliberare a seconda delle simpatie che riscuotono i soggetti del mercato;

quali misure urgenti il Governo intenda attivare, nell'ambito delle proprie competenze, per restituire alla Consob quella credibilità interna ed internazionale messa a dura prova da una gestione tracotante ed illiberale, con le relative regole, come nel caso in premessa, da una parte applicate per Groupama e dall'altra interpretate per Banca Unicredit, a scapito dei diritti, della legalità e degli interessi lesi dei piccoli azionisti isparmiatori ed assicurati sempre più taglieggiati.