Testo della risposta
Atto a cui si riferisce:
C.4/09985 [Garantire la protezione e il rispetto dei diritti umani nei confronti dei residenti del Campo Ashraf]
Atto Camera
Risposta scritta pubblicata giovedì 28 aprile 2011
nell'allegato B della seduta n. 469
All'Interrogazione 4-09985 presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO
Risposta. - Secondo la definizione del Governo degli Stati Uniti, i «Mojahedin del Popolo Iraniano» (Ompi meglio nota con le sigle Mko e Mek) sono una organizzazione terroristica la cui ideologia coniuga islamismo radicale e marxismo, responsabile di attentati mortali contro cittadini americani in Iran prima del '79, che ha attivamente partecipato alla rivoluzione khomeinista e si è successivamente posta al servizio del regime di Saddam Hussein. Per questo l'OMPI resta nella lista delle organizzazioni considerate terroristiche dagli Stati Uniti, decisione peraltro riconfermata dal Dipartimento di Stato lo scorso 4 novembre 2010.
È pur vero che dal 2003, e solo dopo l'intervento in Iraq delle forze della coalizione internazionale, i vertici dei Mojahedin hanno annunciato l'abbandono della violenza quale strumento di lotta politica e tendono ora a presentarsi con la sigla «Consiglio nazionale della resistenza dell'Iran» (Cnri, sigla anglofona Ncri) o come «opposizione iraniana». La realtà e che l'organizzazione ha ormai scarsissimo seguito in Iran, e non soltanto per la dura persecuzione operata nei suoi confronti dal regime di Teheran, quanto per il discredito derivante dall'aver combattuto al fianco dell'esercito iracheno nella Guerra del 1980-88 e per la lunga campagna di terrore indiscriminato scatenata negli anni 80 quando, dopo il rovesciamento dello Scià, entrò in rotta di collisione con il nascente movimento khomeinista.
La strategia terroristica dei Mojahedin emerse chiaramente sin negli anni '70, quando si resero responsabili dell'omicidio di personale militare e civile statunitense in missione in Iran e sostenne l'aggressione all'Ambasciata nel 1979. Nel 1981 organizzarono la strage dell'Otto di Tir (28 giugno) nella sede del Partito Repubblicano Islamico, nella quale restarono uccise oltre settanta persone tra i quali il Capo del sistema giudiziario Ayatollah Beheshti. Due mesi più tardi colpirono a morte con un'altro ordigno esplosivo il Presidente della Repubblica islamica Rajai e il Primo Ministro Javad Bahonar. Nel 1991, una volta conclusa la guerra con l'Iran, l'Ompi venne impiegato dal regime di Saddam per reprimere le rivolte degli sciiti iracheni nel sud del Paese e dei curdi nel nord. Nell'aprile del 1992 l'organizzazione condusse una serie di attentati quasi simultanei ad Ambasciate e istituzioni iraniane in 13 Paesi.
Nel 1999 uccise il Vice Capo di Stato maggiore delle Forze armate. Nel febbraio del 2000 diede il via all'operazione «Grande Bahman», realizzando dozzine di attacchi contro l'Iran e continuando anche nel 2001 a colpire nei pressi del confine con l'Iraq le forze di polizia e militari iraniane con colpi di mortaio e raid. Solo dopo il bombardamento aereo delle basi dei Mojahedin durante l'Operazione Iraqi Freedom, nel maggio del 2003, organizzazione depose le armi.
Da quel momento il leader carismatico dell'Ompi, Massoud Rajavi - legato a innegabili rapporti personali con Saddam Hussein - ha fatto perdere ogni traccia di sé, affidando la direzione dell'organizzazione (che è tra l'altro sospettata di continuare ad esercitare un pesante controllo di tipo settario sulla vita privata dei suoi affiliati) alla seconda moglie Maryam. Al nome della prima moglie, uccisa dal regime iraniano, e riferita la denominazione di «Camp Ashraf», l'ex quartier generale delle forze militari dei Mojahedin che oggi funge da campo profughi in Iraq, a nord-est della città di Khalis, a circa 60 chilometri da Baghdad e 120 dalla frontiera con l'Iran.
Da quanto precede si evince l'evidente inopportunità per qualsiasi entità democratica contraria per principio all'uso della violenza in politica non soltanto di sostenere la causa, ma persino di intrattenere contatti di qualsiasi tipo con la leadership politica dell'Ompi Se risponde al vero che l'organizzazione è riuscita ad ottenere per via giudiziaria nel 2009 l'esclusione dalla lista delle organizzazioni ritenute terroristiche dall'Unione europea, ciò è avvenuto soltanto perché essa non ha mai riportato condanne per attività violente sul territorio dei Paesi membri (nonostante sia stata più volte oggetto di indagini condotte dalla magistratura francese e britannica) e comunque a tale decisione si sono opposti fino all'ultimo i principali Governi dell'Unione europea, tra cui quello italiano.
Inoltre, a causa della diffusa impopolarità in Iran (dove persino i più accesi dissidenti anti-regime nutrono ostilità nei confronti di una organizzazione che ha attivamente partecipato alla Rivoluzione del 1979), il sostegno internazionale ai Mojahedin non arreca alcun danno al regime di Teheran, le cui componenti più oltranziste hanno, al contrario, facile gioco nello strumentalizzare ogni contatto con tale organizzazione per accusare i Governi occidentali di ipocrisia e «doppi standard» nella lotta al terrorismo e bloccare così ogni ipotesi di ripresa del dialogo con l'Unione europea nel delicato settore della tutela dei diritti umani.
Tali considerazioni riguardanti la storia dell'Ompi non precludono ovviamente l'attivo impegno del Governo italiano affinché vengano tutelati i diritti umani dei circa tremila cittadini iraniani affiliati all'organizzazione - la maggior parte dei quali non si è probabilmente macchiata di fatti di sangue - che tutt'ora vivono come profughi all'interno di «Camp Ashraf».
Nel giugno del 2003 le forze armate statunitensi, dopo essere state costrette ad usare la forza per disarmare i Mojahedin, riconobbero alle persone residenti ad Ashraf lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra, mentre il Campo rimase presidiato per prevenire ritorsioni militari da parte iraniana o irachena. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha confermato tale status, dichiarando che i residenti di «Camp Ashraf» non devono essere deportati, espulsi o rimpatriati contro la loro volontà. Dal 2005 a oggi alcune centinaia di Mojahedin hanno volontariamente accettato l'offerta del Governo iraniano - estesa a tutti i residenti del campo con l'eccezione della leadership e dei responsabili di atti terroristici - di rientrare in Patria senza subire conseguenze (rinnegando la loro affiliazione all'Ompi) e in effetti non si ha notizia di misure coercitive sinora assunte dal regime di Teheran nei confronti dei Mojaheddin così rimpatriati.
Dal 1o gennaio 2009, dopo il ritiro delle truppe statunitensi, il Governo iracheno ha assunto formalmente il controllo di «Camp Ashraf», limitandosi in realtà a presidiarne il perimetro esterno. Nel luglio del 2009 un isolato tentativo di insediare un posto di polizia all'interno del campo ha dato vita a violenti scontri che hanno provocato otto morti tra occupanti e forze dell'ordine e 36 arresti, revocati dopo alcuni mesi.
Il Governo italiano, insieme all'Unione europea e alla comunità internazionale, ha fin da subito invitato il Governo di Baghdad alla moderazione e ad agire con il dovuto rispetto dei diritti umani, pur riconoscendogli il diritto-dovere a ristabilire la legalità.
Sulla base di questo approccio, l'Italia ha appoggiato e partecipato, tramite l'Ambasciata a Baghdad, alle iniziative di Unami (United nations assistance mission to Iraq) volte a monitorare con visite settimanali, insieme a Unhcr e Ocha, le condizioni di vita all'interno del campo.
Inoltre, in occasione della Prima riunione della Commissione mista Italia-Iraq, tenutasi a Roma nel dicembre 2009, il Ministro degli affari esteri Franco Frattini ha sollevato il tema con il Ministro degli esteri iracheno Zebari - recentemente riconfermato nel nuovo Governo Maliki - ricevendo la rassicurazione che le legittime azioni di esercizio della sovranità da parte di Baghdad si sono svolte e si svolgeranno nel rispetto dei diritti umani e delle norme internazionali. Queste rassicurazioni hanno poi trovato conferma nella disponibilità del Governo iracheno a rendere possibile ogni visita del campo che le Agenzie Onu e le Ambasciate accreditate a Baghdad abbiano sinora compiuto.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.