• Testo DDL 2477

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Atto a cui si riferisce:
S.2477 Norme in materia di semplificazione degli enti locali





Legislatura 16º - Disegno di legge N. 2477


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 2477
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

d’iniziativa dei senatori VALDITARA, VIESPOLI, SAIA, BALDASSARRI,
CONTINI, DE ANGELIS, DIGILIO, GERMONTANI, MENARDI e PONTONE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1º DICEMBRE 2010

Norme in materia di semplificazione degli enti locali

 

Onorevoli Senatori. – L’Italia ha bisogno di una seria riforma della spesa pubblica per poter reperire risorse da destinare allo sviluppo. Occorre innanzitutto spostare la spesa dai mille rivoli improduttivi che attualmente la caratterizzano a destinazioni che sappiano assecondare la crescita del Paese; è quindi necessario abbassare il carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, unico strumento per far ripartire l’economia nazionale.

    Una delle riforme di razionalizzazione della spesa più urgenti è senz’altro quella degli enti locali.
    Ci sono oggi 8.101 comuni e 104 province. Il numero dei comuni sotto i 1.000 abitanti è pari a 1.963, circa un quarto del totale. Non diversamente, esistono 28 province con una popolazione inferiore a 250.000 abitanti, vale a dire con una popolazione inferiore a quella di una città di medie dimensioni.
    In molte Nazioni europee si sono adottate negli ultimi decenni riforme importanti, tutte finalizzate ad accorpare gli enti locali, in particolare i comuni. Così è avvenuto nel Regno Unito, che ha portato le circoscrizioni comunali da 1.830 a 486, in Belgio, da 2.500 a meno di 600, in Danimarca, da 1.388 a 275, e così pure in Svizzera.
    In Francia, ove già erano stati accorpati tutti i comuni sotto i 1.000 abitanti, il presidente Sarkozy ha proposto di accorpare alcune regioni, marginalizzare i dipartimenti e privilegiare ulteriori accorpamenti comunali. Analoghi provvedimenti sta approvando da ultimo la Grecia.
    Se l’istituto comunale in Italia ha una storia antichissima, che risale ai municipi dell’epoca romana, e se il comune è l’istituzione più tradizionalmente vicina al cittadino, la provincia ha invece una storia recente, essendo stata creata con la legge Rattazzi nel 1859. Già nel XlX secolo si discuteva sul carattere naturale ovvero artificiale della provincia. Per un parte importante della dottrina le province erano mere associazioni di comuni, a cui l’ordinamento per esigenze di carattere funzionale aveva attribuito il compito di curare interessi altrimenti spettanti ai comuni medesimi.
    Per lungo tempo della storia italiana il legislatore ha negato alle province un autentico carattere di ente generale (Loiodice).
    Con l’avvento del fascismo, se da una parte si sostituisce al sistema elettivo per la costituzione dell’amministrazione quello della nomina governativa, dall’altra si incrementano le competenze, in particolare in tema di sanità, educazione nazionale, assistenza, opere pubbliche, prefigurando così, in nuce, quella che sarebbe stata la soluzione delle regioni.
    La Costituzione repubblicana ha messo «in rilievo la posizione della Provincia come ente rappresentativo della collettività locale, come ente autonomo territoriale, accanto agli altri enti fra cui si distribuisce l’esercizio della sovranità popolare e si organizza il pluralismo politico amministrativo» (Pastori). Parallelamente alla istituzione delle province come enti autonomi territoriali, la Costituzione ha previsto peraltro la istituzione anche delle regioni, che nel testo originario del 1948 non potevano essere costituite laddove la popolazione fosse inferiore a un milione di abitanti (articolo 132). La consapevolezza della necessità di un criterio demografico volto a limitare la eccessiva frammentazione della rappresentanza territoriale era già ben chiara al legislatore costituzionale.
    Rispetto alla tradizione dei primi nove decenni di storia patria, si veniva poi a dover conciliare la presenza dell’ente regione con quella dell’istituto provinciale.
    Non è casuale che nel «prima quarantennio di attuazione della Costituzione, l’impianto costituzionale ... non ha trovato ... seguito in una configurazione territoriale e funzionale ... che la costituisse in ente portatore di un vero e proprio ruolo di governo della collettività e del territorio» (Pastori). A fronte inoltre della precedente «frammentarietà e settorializzazione» delle funzioni proprie della provincia, è soltanto con la legge 8 giugno 1990, n.  142, che la provincia viene qualificata come «ente locale intermedio fra comune e regione», riconoscendola quale «ente di governo locale a fini generali per una collettività identificata nella sua individualità naturale» (Pastori).
    La stessa legge n.  142 ha previsto pure l’istituzione delle città metropolitane, con la evidente consapevolezza della necessità di aggregare più comuni aventi particolari rapporti di integrazione. Il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, ha poi individuato aree metropolitane per le zone comprendenti alcuni comuni di particolare rilevanza.
    Contemporaneamente, negli anni ’70 del secolo scorso, a seguito della istituzione delle regioni, da più parti (Vandelli) si suggerì che era arrivato il momento di abolire le province, che perdevano gran parte del loro significato, proponendosi autorevolmente di istituire comprensori all’interno delle regioni, sul modello dei Kreise tedeschi.
    Partendo da questi presupposti, il presente disegno di legge costituzionale, con riguardo ai comuni, da una parte tiene conto della loro insostituibile, primaria, «naturale» funzione di enti politici, rappresentanti delle comunità locali, dall’altra recepisce la tendenza ormai ben consolidata nei principali Paesi europei volta all’accorpamento dei comuni medesimi, fissando in 1.000 abitanti la soglia minima per la loro autonoma esistenza.
    Con riguardo alle province, si propone una soluzione innovativa (in coerenza con l’impianto federale che la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, ha dato all’ordinamento italiano, consentendo di superare la eccessiva frammentazione derivante dalla Costituzione del 1948), con la quale si responsabilizzano le regioni relativamente alla organizzazione del territorio, fermo restando il limite dei 300.000 abitanti per la costituzione di una entità amministrativa, qui definita dipartimento.
    Le province sono dunque destinate a diventare, laddove le regioni lo ritengano utile ai fini di una più efficiente azione amministrativa, dipartimenti finalizzati a svolgere funzioni delegate per macroaree territoriali.
    Questa complessa riforma è destinata a realizzare importanti risparmi di spesa e a rendere più moderna ed efficiente la pubblica amministrazione, diminuendo il peso e il costo della politica.

 

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

    1. All’articolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) al primo comma, le parole: «dalle Province» sono soppresse;

        b) al secondo comma, le parole: «le Province,» sono soppresse.

    2. All’articolo 117 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) al secondo comma, lettera p), la parola: «, Province» è soppressa;

        b) al sesto comma, le parole: «, le Province» sono soppresse.

    3. All’articolo 118 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) al primo comma, la parola: «Province,» è soppressa;

        b) al secondo comma, le parole: «, le Province» sono soppresse;
        c) al quarto comma, la parola: «, Province» è soppressa.

    4. All’articolo 119 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) al primo e al secondo comma, le parole: «le Province,» sono soppresse;

        b) al quarto comma, le parole: «alle Province,» sono soppresse;
        c) al quinto comma, la parola: «Province,» è soppressa;
        d) al sesto comma, le parole: «le Province,» sono soppresse.

    5. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, le parole: «, delle Province» sono soppresse.

    6. All’articolo 132, secondo comma, della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) le parole: «della Provincia o delle Province interessate e» sono soppresse;

        b) le parole: «Provincie e» sono sostituite dalla seguente: «i».

    7. All’articolo 133 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) il primo comma è abrogato;

        b) il secondo comma è sostituito dal seguente:

    «La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni con popolazione non inferiore a mille abitanti e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni. I relativi maggiori oneri sono a carico del bilancio della Regione».
    8. Nella rubrica del titolo V della parte seconda della Costituzione, le parole: «le Provincie,» sono soppresse.

Art. 2.

    1. Gli organi politici ed amministrativi delle province cessano da ogni funzione entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.

    2. Entro lo stesso termine di cui al comma 1, le regioni, con oneri a carico dei rispettivi bilanci, possono istituire nell’ambito del proprio territorio strutture amministrative, denominate dipartimenti, nelle quali siano ricompresi non meno di 300.000 residenti. Ai dipartimenti è delegato l’esercizio di funzioni e compiti amministrativi, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
    3. Entro lo stesso termine di cui al comma 1, le regioni, secondo le competenze attribuite agli enti destinatari, provvedono:

        a) al trasferimento del personale degli enti soppressi, sulla base dei princìpi di economicità ed efficienza di impiego, conservando al medesimo personale le posizioni giuridiche ed economiche in atto al momento del trasferimento;

        b) al trasferimento agli enti destinatari delle funzioni, dei beni e delle risorse finanziarie, strumentali ed organizzative degli enti soppressi, nonché alla successione nei rispettivi rapporti giuridici e finanziari;
        c) a ridefinire, anche in via transitoria, la normativa relativa ai tributi, alle compartecipazioni, ai canoni e ad ogni altra entrata assegnata dalla legge o comunque spettante agli enti soppressi.

Art. 3.

    1. Il territorio dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti è aggregato a quello, tra i comuni confinanti, con la più bassa densità di popolazione.

    2. Gli organi politici ed amministrativi dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti cessano da ogni funzione entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale.
    3. Entro lo stesso termine di cui al comma 2, le regioni provvedono:

        a) al trasferimento del personale degli enti soppressi, sulla base dei princìpi di economicità ed efficienza di impiego, conservando al medesimo personale le posizioni giuridiche ed economiche in atto al momento del trasferimento;

        b) al trasferimento agli enti destinatari delle funzioni, dei beni e delle risorse finanziarie, strumentali e organizzative degli enti soppressi, nonché alla successione nei rispettivi rapporti giuridici e finanziari;
        c) a ridefinire, anche in via transitoria, la normativa relativa ai tributi, alle compartecipazioni, ai canoni e ad ogni altra entrata assegnata dalla legge o comunque spettante agli enti soppressi.

    4. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, uno o più decreti legislativi al fine di individuare l’elenco dei comuni soppressi e aggregati ad altri comuni, nonché l’elenco dei comuni risultanti dall’aggregazione di comuni soppressi, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
        a) indicare espressamente, per ciascuno dei comuni soppressi, il comune al quale esso risulta aggregato;

        b) definire le modalità di cessazione delle funzioni degli organi politici e amministrativi dei comuni soppressi;
        c) garantire che dall’attuazione dei decreti legislativi non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

    5. I decreti legislativi di cui al comma 4 sono adottati su proposta del Ministro dell’interno, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro un mese dalla data di trasmissione dei relativi schemi. I medesimi schemi sono successivamente trasmessi alle Camere perchè su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso il predetto termine, i decreti legislativi possono comunque essere emanati.

 


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