Testo interrogazione a risposta scritta
Atto a cui si riferisce:
C.4/10185 [Discriminazioni nei confronti di dieci famiglie rom a Milano]
MANTINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul campo nomadi regolare di via Triboniano a nord-ovest della periferia di Milano, il più grande della città che ospitava a settembre 2010 circa 700 famiglie rom, pesa da tempo l'ordine di sgombero.
Il sindaco di Milano Letizia Moratti ne aveva annunciato diversi mesi addietro lo smantellamento, a causa delle gravi condizioni di disagio abitativo e sociale dell'area che non consentivano più di gestire in sicurezza il territorio e che avevano portato a nominare il prefetto Gian Valerio Lombardi commissario straordinario per l'emergenza rom fino al 31 dicembre 2010;
in data 5 maggio 2010, le associazioni che si occupano dei nomadi dei campi milanesi, la fondazione Casa della carità, il Centro ambrosiano di solidarietà e il Consorzio Farsi Prossimo, avevano siglato con il prefetto Gian Valerio Lombardi e con il comune di Milano un accordo per l'accompagnamento di oltre cento famiglie rom all'autonomia abitativa e lavorativa, il rientro assistito in Romania, il reperimento di case sul mercato privato, l'assegnazione di borse lavoro e inserimenti occupazionali. Tra le soluzioni prospettate per fronteggiarne l'emergenza abitativa, l'assessore alle politiche sociali del comune di Milano, Mariolina Moioli, in collaborazione con la prefettura e con il terzo settore, grazie anche ai finanziamenti del Viminale, aveva stabilito l'assegnazione di 25 case popolari tolte dal mercato per assegnarle al privato sociale, al fine di destinarle alle fasce di popolazione segnate «da fragilità sociale», categoria in cui rientrano alcune famiglie dei campi nomadi di via Triboniano;
le case popolari Aler oggetto dell'accordo sono escluse dalla disciplina dell'edilizia residenziale pubblica (come da deliberazione regionale del 5 agosto 2010), sono locali vuoti, esclusi dalle graduatorie, necessitando di ristrutturazioni, quindi non sono case popolari sottratte ai milanesi iscritti nelle lunghe liste d'attesa per la loro assegnazione;
in data 25 ottobre 2010 alcuni rom del campo di via Triboniano a Milano hanno presentato un ricorso, in sede civile, contro il sindaco di Milano Letizia Moratti, il prefetto Gian Valerio Lombardi e il Ministro dell'interno Roberto Maroni in cui chiedevano che fossero loro assegnate le case popolari in adempimento ai progetti di autonomia abitativa sottoscritti dall'amministrazione comunale di Milano e dalla prefettura con cui erano state individuate le famiglie rom destinatarie degli alloggi Aler di edilizia popolare, con l'assegnazione nominativa a famiglie attualmente residenti nel campo Triboniano. Inoltre nel ricorso si fanno anche fortemente pesare le dichiarazioni rilasciate in data 27 settembre 2010 dal Ministro dell'interno Roberto Maroni, al termine del vertice sulla «emergenza rom» svoltosi in prefettura a Milano, secondo cui: «nessuna delle famiglie che saranno allontanate dai campi nomadi regolari di Milano e che hanno i titoli per restare in città, saranno ospitate in alloggi popolari, come originariamente previsto nel piano per l'emergenza rom». «Il campo rom di Triboniano verrà chiuso e chi stava dentro e ha i titoli per restare in città avrà una sistemazione, escludendo l'utilizzo di case Aler o nella disponibilità del patrimonio immobiliare del Comune». A 3 mesi da quelle affermazioni, i rom non hanno potuto fare ingresso negli alloggi loro assegnati e il prefetto non ha più convocato alcun abitante del campo di via Triboniano per la sottoscrizione dei progetti di autonomia abitativa;
il 20 dicembre 2010 il tribunale civile di Milano ha accolto il ricorso presentato dalle dieci famiglie rom del campo milanese di via Triboniano contro il sindaco Letizia Moratti, il Ministro dell'interno Roberto Maroni e il prefetto Gian Valerio Lombardi. La sentenza del giudice civile Roberto Bichi dispone che i dieci appartamenti che erano stati in un primo momento assegnati ai dieci nomadi che hanno fatto ricorso «siano posti a disposizione» dei rom «non oltre il termine del 12 gennaio 2011». Fino a quella data, inoltre, i nomadi non potranno essere sgomberati dal campo regolare di via Triboniano;
tra le motivazioni della decisione del tribunale, si legge che il Ministero, la prefettura e il comune non hanno fornito
«una motivazione per spiegare la persistente inattuazione degli accordi», nonché che la mancata assegnazione è avvenuta «in dipendenza dell'origine etnica» dei nomadi che sarebbero dovuti entrare negli alloggi. Secondo il giudice, Roberto Bichi, come si legge nell'ordinanza, trova riscontro la tesi dei nomadi «circa la motivazione del comportamento omissivo» dell'amministrazione comunale, che non ha assegnato i 25 alloggi, «correlato alla mera constatazione dell'appartenenza all'etnia rom dei beneficiari» degli alloggi. Il giudice, inoltre, fa riferimento alla «obiettiva constatazione che il diniego all'attuazione delle convenzioni riguarda esclusivamente tutti i soggetti accomunati dall'appartenenza alla medesima etnia». Per il magistrato è fondamentale che l'ordinanza emanata debba «impedire che possano trovare spazio nel circuito sociale condotte che, anche indirettamente, determinino una situazione di svantaggio o impediscano il raggiungimento di un legittimo vantaggio a persone, in dipendenza dell'origine etnica»;
il presidente del consiglio regionale della Lombardia, Davide Boni, ha definito la sentenza «una beffa per i cittadini in attesa da molti anni di una casa Aler», aggiungendo che sarebbe «ingiusto che il percorso seguito dalle istituzioni venga vanificato da una sentenza». Igor Iezzi, segretario provinciale della Lega Nord a Milano, ha annunciato un presidio di protesta davanti al palazzo di giustizia di Milano per protestare contro la sentenza del giudice Bichi, sottolineando che: «dopo la consulta, che ha stabilito l'impossibilità di espellere i clandestini, ora il tribunale di Milano decide a chi il Comune deve destinare il proprio patrimonio immobiliare. Domani saremo davanti al Tribunale di Milano per ribadire ai giudici che nella nostra città comandano i milanesi e le case popolari vanno date a loro, non agli zingari». Sulla stessa linea anche il vice sindaco di Milano Riccardo De Corato che ha parlato di «sentenza un po' politica che lascia spazio al nostro ricorso. Non c'è alcun atto firmato dove sia scritto che delle case vadano ai rom». Il sindaco Letizia Moratti ha annunciato che, insieme all'avvocatura del comune di Milano e il prefetto, valuterà se procedere contro l'ordinanza del tribunale civile di Milano;
don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, l'associazione cui è stato da poco conferito l'Ambrogino, ha salutato l'accoglimento del ricorso dei nomadi dichiarando che «questa decisione credo che serva per svelenire il clima e riuscire a portare avanti quel progetto che si è bloccato per una contrapposizione che si è rivelata evidentemente ideologica più che di fatto, visto che i contratti erano già firmati». «Auspico che non si faccia più polemica, che ci si rimbocchi le maniche e si superi in fretta il campo attraverso i percorsi che erano stati individuati» -:
quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di riconoscere definitivamente il diritto delle 10 famiglie rom a vedere rispettati i contratti da lungo tempo firmati e non ancora onorati a causa di quelle che appaiono illegittime quanto immorali discriminazioni razziali, nonché quali iniziative si ritenga opportuno adottare per una efficace politica di sistemazioni abitative alternative nel caso milanese di via Triboniano e in quelli simili.
(4-10185)