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Atto a cui si riferisce:
C.7/00406 [Coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale]



La XIII Commissione,
premesso che:
l'Unione europea ha già adottato un quadro giuridico completo quanto all'autorizzazione dei prodotti costituiti o comunque ricavati da OGM. Tale quadro giuridico configura un sistema di autorizzazioni che è ispirato al duplice obiettivo di evitare gli effetti nocivi degli organismi in questione nei confronti della salute e

dell'ambiente e, dall'altro lato, di creare e assicurare un mercato interno per tali prodotti;
il sistema legislativo descritto, in sé completo, è stato sottoposto nel corso del tempo a verifiche e valutazioni alla luce delle esigenze e delle istanze da parte degli Stati membri, sfociate nella richiesta di un certo numero di essi nei confronti della Commissione per nuove proposte atte a riconoscere un margine di libertà dei singoli Stati in relazione alla coltivazione degli OGM, e alla protezione da possibili forme di inquinamento genetico dell'agricoltura biologica e convenzionale;
a conferma di tale nuovo quadro, gli orientamenti della Commissione, esplicitati nel 2009 dal presidente Barroso, hanno configurato un sistema volto a combinare sia l'apparato normativo comunitario di autorizzazioni basato sulla scienza, sia la libertà dei Paesi membri di decidere sull'ammissibilità di coltivazioni OGM;
in questo senso la proposta in esame tende ad attuare il nuovo sistema, fornendo agli Stati membri la possibilità di limitare o vietare coltivazioni OGM, autorizzate in ambito comunitario, nel contesto del quadro normativo e scientifico già fissato, ravvisabile anche nelle condizioni alle quali limiti o divieti devono essere comunque sottoposti, e indicando, come esplicitato nella raccomandazione (2010/C 200/01) del 13 luglio 2010, anche «la possibile perdita economica» derivante da contaminazione accidentale, tra le ragioni di valutazione delle possibili scelte;
sotto l'aspetto più strettamente contenutistico, la proposta tende ad inserire nella direttiva 2001/18/CE una nuova disposizione volta a consentire agli Stati membri di limitare o vietare coltivazioni di OGM autorizzati, purché per motivi diversi da quelli legati alla valutazione degli effetti negativi per la salute o per l'ambiente;
un quadro molto ampio e rappresentativo delle associazioni agricole, della pesca, dei consumatori, delle associazioni ambientaliste ha in più occasioni rappresentato la contrarietà di grandissima parte dei cittadini italiani circa la coltivazioni di OGM nel Paese;
nel nostro Paese, anche in conseguenza del pronunciamento della Corte costituzionale, le competenza circa la definizione di linee guida sulla coesistenza è chiaramente assegnata alle regioni;
nella riunione degli assessori all'agricoltura del 30 settembre 2010 non è stata adottata l'Intesa sulle linee guida di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate, e le regioni hanno unanimemente manifestato la loro intenzione di chiedere al Governo l'adozione di misure di salvaguardia;
tale orientamento è stato confermato lo scorso 7 ottobre 2010 dai presidenti delle regioni;
sulla base di quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la sentenza 183 del 2010, tenuto conto dei profili prettamente economici che devono essere regolamentati dai piani di coesistenza, e considerato che a tali piani sono estranei i profili ambientali e sanitari, e il principio comunitario della coltivabilità degli OGM se autorizzati, il rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione non può essere condizionato alla previa adozione dei piani di coesistenza e che quindi, secondo la Conferenza Stato-regioni «non sussiste in Italia alcun vuoto normativo attinente alla materia della coesistenza», la cui regolazione rappresenta «una facoltà e non un obbligo»;
si manifesta la convinzione che l'Italia debba avvalersi della facoltà, prevista dall'atto comunitario in questione, di escludere la coltivazione, sul territorio nazionale, di OGM autorizzati dall'Unione europea, alla luce dei potenziali effetti socio-economici negativi delle colture transgeniche sui vari sistemi agricoli locali, caratterizzati dalla tipicità e qualità dei prodotti e dal collegamento degli stessi col territorio;

si sottolinea l'esigenza che la facoltà, riconosciuta ai singoli Stati, di limitare la coltivazione di OGM venga estesa anche alle situazioni suffragate da motivazioni di carattere sanitario o ambientale;
nelle more dell'adozione della sopra citata normativa europea, non esiste al momento alcuna automatica autorizzazione alla coltivazione di piante OGM in Italia, prima dell'emanazione dei piani di coesistenza regionali;
il decreto legislativo 212 del 24 aprile 2001, sulla base del quale con decreto interministeriale 19 marzo 2010 il Ministro Zaia ha vietato la coltivazione di mais OGM MON 810, non interferisce in alcun modo con l'operatività del principio europeo di coltivazione delle sementi se autorizzate attenendo, piuttosto, all'attuazione del principio di purezza delle sementi e fondando, in esso, la propria autonoma legittimità;
permane l'esigenza fondamentale della tutela e della valorizzazione della qualità del nostro sistema agro-alimentare attraverso l'applicazione del principio di precauzione e la possibilità di dichiarare l'intero territorio nazionale come libero da OGM,
impegna il Governo:

a procedere con l'esercizio della clausola di salvaguardia sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati al fine di vietare la coltivazione del mais «Mon 810» e della patata «Amflora»;
a rappresentare anche in occasione delle riunioni in sede comunitaria, la posizione unanime delle regioni e delle province autonome di assoluta contrarietà rispetto all'autorizzazione della coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale.
(7-00406)
«Cenni, Oliverio, Brandolini, Fiorio, Marco Carra, Servodio, Cuomo, Trappolino, Zucchi, Sani».