C. 3634 Proposta di legge presentata il 15 luglio 2010
Atto a cui si riferisce:
C.3634 Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati con sistema proporzionale e voto personalizzato, e alla legge 27 dicembre 2001, n. 459, concernente l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3634 |
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Dopo anni e anni di crisi prolungata del sistema politico italiano, durante i quali con abile travisamento i partiti hanno fatto intendere agli italiani che fossero necessarie le riforme istituzionali (restando loro immobili e intatti direttori dei giochi) per restituire al Paese consistenza rappresentativa, solidità e affidabilità in una prospettiva pluriennale, nonché personalità internazionale, all'improvviso, all'inizio degli anni novanta, la voce popolare si è fatta sentire attraverso il referendum. Sono stati anni durante i quali non bisognava preoccuparsi della partecipazione al voto. Massicciamente gli italiani si recavano alle urne il 9 giugno 1991 per pronunciarsi (occasionalmente) sulla riduzione delle preferenze e il 18 aprile 1993 sulla questione del finanziamento pubblico dei partiti politici e sull'elezione del Senato della Repubblica. In quei mesi si consumò un clamoroso equivoco, provocato dal salto logico compiuto sull'onda emotiva dell'esecrazione popolare verso i partiti politici, non più guardati nella prospettiva storica della costruzione della democrazia bensì come i protagonisti della crisi morale in corso nel Paese. Il referendum antiproporzionalista si tramutò presto in un plebiscito antipartitico. Fu in quel clima, alimentato da un'informazione schierata sia in ambito pubblico che privato, con la prima sperimentazione del peso efficiente del trascinamento mediatico sul convincimento razionale, che il sistema maggioritario assunse quasi un valore salvifico. La riforma elettorale del 4 agosto 1993 produceva, senza che vi fosse nel sistema politico piena consapevolezza dei suoi esiti più lontani, un sistema di tipo misto caratterizzato dall'elezione in collegi uninominali del 75 per cento dei deputati e l'attribuzione del restante 25 per cento mediante l'applicazione del principio di proporzionalità e del voto di lista. Un sistema maggioritario purché fosse, si potrebbe dire, che siglava quella specie di «Termidoro» che fu il biennio della XII legislatura, che conservava i peggiori difetti del sistema proporzionale aggiungendovi i fortissimi vulnera alla democrazia partecipativa di un sistema maggioritario a base uninominale, immaturo, consegnato nelle mani della sopravvissuta nomenclatura dei partiti politici.
Ne sarebbe dovuta discendere, secondo varie promesse e vari patti, tutti infranti, la stabilità governativa. Ne derivarono in rapida successione cinque governi. Ne sarebbe dovuta discendere la razionalizzazione del sistema dei partiti politici. Ne derivò un'accelerata proliferazione con una caratteristica, che ciascun partito politico nuovo si collegava a una figura «proprietaria». Ovviamente, nessun progetto riformatore, che fosse attuativo dei princìpi costituzionali, seguì quella grande «abbuffata» di falso consenso a buon mercato.
Cominciarono ad affermarsi per una forza di trascinamento istituzionale, ben conosciuto nella storia costituzionale europea, princìpi organizzativi estemporanei che di volta in volta assumevano le fattezze di una promessa di cambiamento e di miglioramento. Tenevano così il campo il bipolarismo, il presidenzialismo, il premierato, il premio di maggioranza. Si favoleggiavano nuovi sistemi elettorali, taumaturgici, dei quali si nascondeva la crescente capacità distorsiva, divaricandosi la forbice tra gli orientamenti politici presenti nel Paese e il numero dei parlamentari presenti nelle Camere in loro rappresentanza.
L'allontanamento del voto, supremo strumento di partecipazione di ciascun cittadino, dai valori del consenso e della legittimazione, secondo uno schema descritto e provato, in Italia come in altri Paesi europei, dal suo predominante significato di espressione più intima della democrazia, finiva per contagiare ogni istituzione repubblicana del male gravissimo dell'inefficienza democratica. Pochi anni dopo, lungo una china fitta di successive delegittimazioni, nella XIV legislatura, veniva approvata una nuova legge elettorale.
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Allora, la presente proposta di legge costituisce un appello emergenziale per dare risposte ai gravi problemi di funzionamento del sistema democratico italiano, aggravati dall'affastellarsi nell'ultimo ventennio di proposte sempre più estranee
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Un bipolarismo, pertanto, che risulta essere effetto esclusivo del sistema elettorale e che è stato cattivo mallevadore di una riforma surrettizia dell'ordinamento costituzionale in senso presidenzialistico e plebiscitario, scardinando l'equilibrio necessario dei contrappesi e comprimendo gli ambiti della partecipazione democratica. La scelta compiuta con la presente proposta di legge è quella di un sistema elettorale armonico con la storia politica del Paese, un sistema sì ispirato a quello che per comodità viene definito il modello tedesco, che tuttavia si pone in linea di continuità nella tradizione della legislazione elettorale del nostro Paese, forte della caratteristica, prima dell'interruzione maggioritaria, di non essere distorsiva cioè di rispettare la volontà liberamente espressa dagli elettori. Volontà che deve essere tenuta immune dai condizionamenti di una medialità figlia di un monopolio oppressivo e offensivo delle libertà democratiche stabilite nella Costituzione. Un sistema elettorale vocato alla semplificazione della politica, per questo capace di proporre una soglia di sbarramento del 5 per cento. Un sistema che recuperi il principio dell'omogeneità politica nell'interesse dello Stato e che consenta agli elettori di individuare, con una certezza, le forze politiche che perseguono finalità di tipo personale. Un sistema nel quale le coalizioni dovranno rappresentare il libero approdo di soggetti politici che scelgono di unire le proprie forze per svolgere una funzione di governo sulla base di scelte programmatiche vincolative.
Un sistema nel quale il voto di fiducia dovrà essere ricollocato per rappresentare esclusivamente la modalità di collegamento della maggioranza con il suo programma, nel senso che il governo potrà porlo soltanto ai fini della verifica del permanere della volontà programmatica originaria.
L'articolato sostanzia una proposta proporzionalistica in cui l'elettore sceglie liberamente il candidato e il partito politico che chiama a rappresentarlo e in cui una soglia di sbarramento significativa identifica forze politiche titolari di proposte radicate nel Paese e suscettibili di convergere e di essere destinatarie di convergenze ai fini della governabilità. I partiti politici, cardine democratico del Paese, sottopongono agli elettori la propria storia, la propria identità e un progetto per il Paese; gli elettori giudicano e votano direttamente persone e programmi. Il governo, allora, si forma e vive di convergenze su obiettivi e azioni, sfuggendo alla trappola dell'opportunismo elettorale in cui lo confina il sistema maggioritario.
Le linee essenziali di questa proposta di legge che introduce nel Paese, a volerlo definire, «un sistema con voto proporzionale personalizzato», sono rappresentate dai seguenti punti:
i partiti politici si presentano singolarmente agli elettori con propri candidati nei collegi uninominali e con liste che competono con metodo proporzionale per l'assegnazione degli altri seggi nelle circoscrizioni;
i seggi sono ripartiti a metà fra i due metodi, pur restando affidato al risultato proporzionale il compito di determinare l'esito complessivo del voto;
l'elettore vota su due distinte schede: per il candidato nel suo collegio uninominale e per la lista nella circoscrizione;
il voto può essere convergente o differenziato;
nel computo dei seggi i due voti non interferiscono reciprocamente;
il voto sulla scheda uninominale decide l'assegnazione del collegio uninominale, a maggioranza semplice;
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i seggi alle liste sono assegnati a livello nazionale in base ai voti espressi nella seconda scheda;
all'assegnazione dei suddetti seggi partecipano soltanto le liste che hanno ottenuto almeno il 5 per cento del totale dei voti validi;
la ripartizione è operata dopo l'applicazione della soglia;
ai seggi sono proclamati eletti i candidati che abbiano ottenuto la maggioranza nei collegi uninominali e, a seguire, i candidati presenti nelle liste circoscrizionali, fino a completare il numero di seggi spettanti a ciascuna lista in base all'assegnazione proporzionale;
criteri di riallocazione dei seggi consentono di ricalcolare le assegnazioni in sede nazionale e in sede circoscrizionale per rendere il sistema elettorale compatibile con la disposizione costituzionale che fissa il numero complessivo dei deputati.
La proposta di legge si compone di cinque articoli; quattro modificano il sistema di elezione dei deputati nelle circoscrizioni del territorio nazionale, il quinto modifica l'elezione dei dodici deputati della circoscrizione Estero.
L'articolo 1 reca, in forma di novella, le modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361; l'articolo 2 contiene la delega al Governo per la determinazione dei collegi uninominali; l'articolo 3 disciplina l'emanazione del regolamento di attuazione della legge; l'articolo 4 dispone in via transitoria per il caso in cui si debba procedere a nuove elezioni prima che siano determinati i collegi uninominali; l'articolo 5 modifica la legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante «Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero», in modo tale da rendere quel sistema interamente proporzionale per tutta la circoscrizione Estero.
Alla proposta di legge sono allegati i fac-simile delle schede per la votazione dei candidati nei collegi uninominali e per il voto alle liste circoscrizionali.
Le novelle che all'articolo 1 modificano il citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, dalla lettera a) alla lettera hh) del comma 1, adattano al nuovo sistema elettorale gli elementi della formula e la disciplina del procedimento. In particolare:
lettera a): enuncia i princìpi del sistema: la conferma delle attuali ventisette circoscrizioni elettorali, il doppio voto, i collegi uninominali con assegnazione a maggioranza semplice, le liste circoscrizionali e l'assegnazione generale dei seggi secondo il metodo proporzionale specificato dagli articoli 83 e 84, la soglia nazionale di accesso stabilita nel 5 per cento dei voti validi;
lettera b): stabilisce i criteri per la determinazione dei seggi da assegnare con metodo uninominale e, conseguentemente, quelli riservati ai candidati delle liste proporzionali; i 618 seggi assegnati nelle circoscrizioni nazionali sono dapprima ripartiti tra queste in base alla popolazione residente (ultimo censimento) e poi quelli spettanti a ciascuna circoscrizione – salvo la Valle d'Aosta – sono suddivisi, al 50 per cento, con arrotondamento all'unità inferiore, fra uninominali e proporzionali; effettuato il calcolo in base alla popolazione del censimento 2001, la ripartizione dei seggi è la seguente:
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