Testo interrogazione a risposta scritta
Atto a cui si riferisce:
C.4/08415 [Anziani discriminati nelle cure per il cancro]
LEGGI ANCHE IL TESTO DELLA RISPOSTA ALL'INTERROGAZIONE
Testo della risposta scritta
FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel sito «Corriere.it» il giorno 13 agosto 2010, è stato pubblicato un articolo di Donatella Barus della Fondazione Umberto Veronesi, intitolato: «Cure anti-cancro, anziani discriminati. Per gli over 65 è più difficile accedere ai nuovi farmaci e alle sperimentazioni. Gli esperti lanciano una campagna»;
nel citato articolo si fa presente che le persone anziane risultano essere la maggioranza fra i malati di tumore «ma il meglio delle cure e della ricerca pare non essere per loro. Gli anziani troppo spesso sono tagliati fuori dalle terapie più avanzate e dai protocolli sperimentali, senza valide ragioni mediche, ma solo in base all'età»;
nell'articolo in questione si legge tra l'altro che «se c'è un farmaco che ribalta le prospettive di sopravvivenza... tutti i quarantenni lo ricevono, per gli anziani è un'eccezione»; e che se la speranza di vita raddoppia così non accade per gli anziani malati di tumore: ...che restano fermi alle statistiche di trent'anni fa. Ai danni dei malati ultrasessantenni si sta consumando quella che un gruppo agguerrito di oncologi non esita a definire «una discriminazione grave e inaccettabile» l'allarme è stato lanciato in occasione del Congresso dell'European haematology association (Eha) tenutosi a Barcellona;
la rivista «Ecancermedicalscience», fondata dall'Istituto europeo di oncologia di Milano, ha dato il via a una campagna di sensibilizzazione che coinvolge medici, pazienti e associazioni;
come ha spiegato il dottor Mario Boccadoro, direttore del dipartimento di oncologia e ematologia dell'ospedale San Giovanni Battista di Torino, proprio dalle malattie oncoematologiche emergono i contrasti più stridenti: «Negli ultimi dieci anni la sopravvivenza dei malati di mieloma multiplo è raddoppiata, ma se si considerano soltanto i pazienti ultrasettantenni non si nota alcun vantaggio rispetto al passato. C'è una disparità di trattamento, la comunità medica resta attaccata a vecchi schemi di cura, ricorrendo raramente ai nuovi farmaci già in commercio, come bortezomib, talidomide e lenalidomide, molto efficaci e molto meno tossici della vecchia chemioterapia»;
ancora più sconvolgenti appaiono i dati raccolti dalla European cancer patients coalition, che rappresenta 300 organizzazioni di pazienti in 42 Paesi. L'esempio è quello della leucemia mieloide cronica, una patologia che viene diagnosticata in genere in età avanzata, e la cui storia è stata rivoluzionata dall'avvento di un medicinale, l'imatinib (o Glivec), il primo vero farmaco «intelligente». «Quindici anni fa solo 30 malati su cento erano ancora vivi a otto anni dalla diagnosi, oggi sono 93 su cento» ha segnalato
il dottor Jan Geissler, direttore di Ecpc, e caso raro di paziente a cui la leucemia mieloide è stata diagnosticata a 28 anni;
secondo i dati raccolti da Ecpc, l'imatinib, «gold standard» per questa forma di leucemia, è somministrato a quasi tutti i quarantenni (il 93 per cento delle donne e l'81 per cento degli uomini) e a meno della metà dei malati fra i 70 e gli 80 anni (48 per cento delle donne e 44 per cento degli uomini);
il dottor Geissler ha evidenziato come «all'ultimo congresso Asco, il principale appuntamento internazionale di oncologia, sono stati presentati due grandi studi sul nilotinib e il dasatinib, nuovi farmaci contro la leucemia mieloide cronica, malattia che viene diagnosticata dopo i 65 anni; è risultato che l'età media dei pazienti coinvolti nei trial clinici era di 46-49 anni. Abbiamo bisogno di una ricerca che rappresenti la realtà», è la conclusione del dottor Geissler;
nella classe medica, sempre a giudizio del dottor Geissler «resistono barriere mentali che fanno ritenere poco adeguati trattamenti intensi oltre una certa età»; e tutto ciò, a giudizio del dottor Gordon McVie, esperto oncologo, senior consultant all'Istituto Europeo di Oncologia e fondatore di Ecancermedicalscience, «è imbarazzante per la professione. Perché questa è assolutamente responsabilità dei medici. Vedo mancanza di conoscenza e di comprensione del problema, è una discriminazione inaccettabile. Il geriatra deve diventare un compagno di strada dell'oncologo e tutti devono essere coinvolti, medici, familiari, pazienti»;
riferisce il citato articolo, sugli anziani colpiti da tumore, trascurati dal mondo della ricerca anticancro, si sa poco, ma resiste la convinzione diffusa, fra i medici e gli stessi malati e i loro familiari, che dopo una certa età si è troppo fragili per tollerare cure intense; e che, come riconosce il professor Richard Sullivan, docente al King's College di Londra, che ha coordinato un'indagine su pazienti esperti anziani affetti da sindromi mielodisplastiche e leucemia mieloide acuta, interpellando esperti di Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Spagna, «semplicemente, molti oncologi neppure considerano l'eventualità di terapie aggressive e ritengono che gli stessi malati non siano interessati alla cosa... al 63 per cento dei malati neppure vengono prospettate altre opzioni di trattamento nonostante il fatto che fino al 20 per cento dei pazienti anziani sia un candidato adatto alla chemioterapia intensiva, per gli altri esistano comunque trattamenti non mieloablativi e in casi selezionati possano anche essere sottoposti a trapianto di staminali»;
come invita il dottor Boccadoro, i «nonni» di oggi non sono più i vecchietti di una volta e i medici devono prenderne atto. A 70 anni l'aspettativa di vita se si è in buone condizioni è almeno di 15 anni. Non bisogna stabilire «quanto» uno è anziano solo in base alla data di nascita, ma in base a una valutazione complessa di comorbidità, malattie associate. Bisogna ripensare il concetto di fragilità, difendere i nostri anziani in buona salute e fare in modo che ricevano le cure migliori;
come osserva il professor Sullivan, «siamo di fronte al più rilevante problema sociale che i paesi sviluppati e in via di sviluppo dovranno affrontare. Oggi il 60 per cento dei malati di cancro ha almeno 65 anni. Entro il 2030 saranno il 70 per cento. Negli Stati Uniti si contano circa 10 milioni di ultrasessacinquenni sopravvissuti a un tumore, persone spesso sole, con sempre meno figli, povere, sottoposte a terapia, perciò particolarmente vulnerabili» -:
di quali elementi disponga in relazione a quanto affermato nel citato articolo, circa la discriminazione di cui sarebbero oggetto e vittime gli anziani affetti da tumore, e in particolare se per i cosiddetti «over 65» sia più difficile accedere ai nuovi farmaci e alle sperimentazioni;
se non ritenga opportuno assumere iniziative per accertare la fondatezza delle notizie riportate nel citato articolo, e - ove queste risultassero confermate - intervenire
nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà perché questa discriminazione abbia a finire;
se non ritenga di dover sostenere e appoggiare la campagna informativa annunciata nel sopra citato articolo.
(4-08415)