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Atto a cui si riferisce:
S.4/01413 [Visto negato dal Sudafrica al Dalai Lama ]



Atto Senato

Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 047
all'Interrogazione 4-01413 presentata da
AMORUSO

        Risposta. - Il persistere di tensioni in Tibet e nelle aree circostanti è motivo di grande preoccupazione per l'Italia e per l'Unione europea, le quali seguono il fenomeno con la massima attenzione. Fin dagli incidenti del marzo 2008, sia la Presidenza che i Ministri degli esteri dell'Unione europea avevano chiesto con decisione al Governo cinese il riavvio del dialogo con i rappresentanti del Dalai Lama e la fine degli atti repressivi. A seguito di tali pressioni e in occasione della visita in Cina del Presidente della Commissione europea Barroso, Pechino annunciò la disponibilità a riprendere il dialogo con i rappresentanti del leader religioso tibetano.

        Gli incontri tra il Governo cinese ed i rappresentanti tibetani hanno avuto luogo, infatti, nel maggio 2008 a Shenzhen e si sono succeduti nel luglio a Pechino e dal 31 ottobre al 5 novembre dello stesso anno nuovamente a Pechino. Purtroppo tali tornate di colloqui si sono chiuse sostanzialmente con un nulla di fatto e senza che sia stata stabilita una data per ulteriori incontri. Se da parte tibetana si attribuisce alla rigidità di Pechino l'impossibilità di effettuare dei passi in avanti, la Cina ascrive il fallimento dei colloqui di novembre alla presentazione di un memorandum da parte degli emissari dei Dalai Lama nel quale viene invocata una «genuina autonomia», dietro cui si celerebbero, a detta dei cinesi, aspirazioni indipendentiste. L'epilogo dell'ultima tornata negoziale sembrerebbe aver confermato l'indisponibilità di Pechino a concedere spiragli negoziali che alterino in maniera concreta lo status quo in Tibet.
        Sullo sfondo dello stallo dei colloqui, il 17 novembre 2008 si è riunito a Dharamsala, nell'India settentrionale, il «vertice» dei tibetani in esilio, che, seppur in presenza di una cospicua opposizione radicale, ha tuttavia confermato l'indirizzo moderato e non violento ispirato dal Dalai Lama. Successivamente le autorità cinesi hanno comunicato la decisione del premier Wen Jiabao di rinviare la sua visita in Francia e la sua partecipazione al vertice UE-Cina di Lione, fissato per il 1º dicembre, a seguito della decisione del Presidente francese Sarkozy di incontrare a Danzica il Dalai Lama. L'Unione europea, nell'esprimere forte delusione per la decisione cinese, si è dichiarata tuttavia intenzionata a proseguire il partenariato strategico con la Cina, con l'intento di affrontare in tale contesto anche la questione tibetana, e si è adoperata prontamente per concordare con Pechino una nuova data per il rinviato vertice, poi tenutosi a Praga.
        Il Governo italiano ha ribadito, in ogni occasione utile, in ambito sia bilaterale che europeo, l'assoluto rispetto dell'integrità territoriale della Cina ed ha tuttavia continuato ad evocare alle autorità di Pechino l'importanza di proseguire il dialogo con i rappresentanti del Dalai Lama in toni franchi e costruttivi. Quest'ultimo aspetto è stato comunque sottolineato negli incontri politici che il nostro Paese ha avuto con gli esponenti del Governo di Pechino, come ad esempio nell'incontro dello scorso giugno a Roma tra il ministro Frattini ed il collega cinese Yang Jiechi, nonché in quelli a Pechino, nell'ottobre successivo in occasione del vertice ASEM, del Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi con il Presidente cinese Hu Jintao e con il premier Wen Jiabao, oltre che nelle varie occasioni di colloquio del nostro Ambasciatore con le autorità locali. Anche nell'ambito del dialogo sui diritti umani fra l'Unione europea e la Cina, il Governo italiano ha dato il proprio appoggio al rafforzamento del capitolo dedicato al Tibet. Nell'ultima tornata del dialogo sui diritti umani, svoltasi a Pechino nel novembre 2008, i rappresentanti dell'Unione hanno colto l'opportunità per reiterare al Governo cinese l'importanza per le delegazioni diplomatiche di potersi recare liberamente in Tibet al fine di verificare il rispetto dei diritti umani.
        Nel Consiglio dei diritti umani del febbraio 2009, in occasione dell'esame periodico universale della Cina, l'Italia ha ribadito le proprie preoccupazioni per la questione tibetana e, tra le questioni poste a Pechino, il nostro Paese ha raccomandato alle autorità cinesi di accogliere sul proprio territorio le richieste di visita avanzate dall'Onu per monitorare il rispetto dei diritti umani ed anzi di considerare la possibilità di rivolgere loro un invito permanente («standing invitation»).
        Se un risultato tangibile nel breve termine appare improbabile nei rapporti tra Pechino ed i rappresentanti tibetani, il mantenimento di un seppur fragile canale di dialogo diretto tra le parti è da considerarsi un elemento importante. Esso va incoraggiato e sostenuto in ogni modo possibile, ed ancora più se esso si può interpretare quale risposta, seppur timida e limitata, della dirigenza cinese alle pressioni internazionali. Pechino, come noto, considera tradizionalmente la situazione in Tibet come una minaccia alla sovranità territoriale, e non come un problema riguardante la tutela dei diritti umani, tendendo pertanto ad interpretare qualsiasi iniziativa internazionale come un'ingiustificata ingerenza negli affari domestici. Nonostante l'attuale stallo dei colloqui, il Governo cinese ha tuttavia ribadito che «la porta rimane aperta al dialogo»: statement del Ministero degli esteri cinese dell'11 marzo 2009, nell'occasione dell'anniversario della rivolta di Lhasa (che nel 1959 condusse all'esilio il Dalai Lama).
        Facendo leva su tali affermazioni, il Governo italiano continuerà a sostenere la posizione comune in sede europea a favore di un dialogo costante, aperto, veritiero e costruttivo tra le autorità di Pechino ed i rappresentanti del Dalai Lama. Questi ultimi sono gli interlocutori essenziali per giungere ad una soluzione mutuamente soddisfacente della questione tibetana sia nel rispetto della Costituzione e dell'integrità territoriale della Cina che nella tutela della cultura, delle tradizioni e della religione tibetane. Tali aspettative sono state altresì sollevate in occasione della 27ma sessione del Dialogo UE-Cina sui diritti umani, tenutasi a Praga il 14 maggio 2009. In tale cornice, si è reiterata l'aspettativa che il Tibet venga aperto in via stabile e permanente alla stampa, ai diplomatici, in particolare ai rappresentanti dell'Unione europea, ed agli stranieri in generale.
        Riguardo alla vicenda del mancato rilascio del visto al Dalai Lama da parte delle autorità sudafricane, un passo presso quest'ultime autorità o un'iniziativa di protesta nei confronti di Pechino potrebbero rivelarsi controproducenti: rischierebbero, infatti, di compromettere la recente ripresa del dialogo dell'Unione europea con Pechino, che ha già prodotto lo scorso anno l'importante risultato di un riavvio dei colloqui diretti tra le autorità cinesi ed i rappresentanti del Dalai Lama.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri

Scotti