• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/05841 [Piano nomadi della città di Roma]



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05841 presentata da ANDREA SARUBBI
lunedì 25 gennaio 2010, seduta n.272
SARUBBI, COLOMBO, BINETTI, BUCCHINO, D'INCECCO, FARINA COSCIONI e TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:

il 31 luglio 2008 il comune di Roma ha presentato il cosiddetto «Piano nomadi» che, fra l'altro, prevedeva la costruzione di 6 campi autorizzati (7 sono già presenti) - ovvero dotati di prefabbricati, luce, fogne, acqua corrente, vigilanza e servizi - e lo smantellamento dei campi abusivi presenti sul territorio;

nel febbraio 2009 è stato adottato dal Commissario delegato per l'emergenza nomadi - nella persona del prefetto di Roma - un regolamento che prevede l'ammissione presso i campi nomadi soltanto di stranieri che hanno titolo a restare in Italia, ossia coloro che siano in possesso di regolare permesso di soggiorno, nelle varie tipologie previste dal testo unico sull'immigrazione. In applicazione di esso, negli ultimi due mesi, si è proceduto a sottoporre i nomadi presenti nei campi ad accertamenti individuali circa il possesso dei requisiti previsti dalla legge o, in mancanza del titolo, a verificare le condizioni che potessero consentire il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Coloro che sono risultati privi di documenti regolari hanno presentato richiesta di asilo;

lunedì 18 gennaio 2010 sono stati compiuti una serie di interventi finalizzati allo sgombero di un grande campo abusivo denominato «Casilino 900» attraverso una ricollocazione nei campi attrezzati della capitale ma in assenza della realizzazione dei nuovi campi previsti dal piano nomadi, né tanto meno attivando l'ampliamento di quelli già esistenti. In particolare si è intervenuti presso il campo di via Salone, dove è in atto da tempo un difficile ma positivo lavoro di integrazione, soprattutto nei confronti dei minori;

a seguito di ciò il prefetto ha ritenuto sussistere le condizioni per uno spostamento di circa cento persone - di cui circa trenta ragazzi, la grande maggioranza dei quali nata in Italia e frequentante regolare corso scolastico - presso il CARA (centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Castelnuovo di Porto;

sembrano all'interrogante essere carenti non solo valutazioni di opportunità ma anche le ragioni di diritto per un simile intervento. La legislazione riguardante il trattenimento dei richiedenti asilo (articolo 1-bis, legge n. 39 del 1990 e successive modificazioni articolo 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2004) non sembra poterlo giustificare. In particolare è prevista la detenzione amministrativa nei CIE (centri per l'identificazione e l'espulsione) quando, al momento della domanda, il richiedente è stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo alla frontiera o subito dopo, oppure laddove abbia presentato una domanda di asilo mentre era già destinatario di un provvedimento di espulsione o di respingimento. Entrambe queste condizioni non sussistono nel caso in questione;

per quanto riguarda i CARA - che sono centri concettualmente diversi dai CIE e per l'accesso ai quali sono usualmente proprio i richiedenti a fare domanda - è previsto l'obbligo di dimora per un tempo massimo di 20 giorni solo laddove si renda necessaria l'identificazione del soggetto (decreto legislativo n. 25 del 2008, articolo 20), condizione anch'essa manchevole nel caso in esame. Le persone interessate dall'intervento infatti, pur prive, in diversi casi, di documenti validi di identità, erano state tutte da tempo identificate e censite dall'autorità amministrativa, tanto da aver potuto accedere stabilmente ad un campo attrezzato. Tra l'altro, le condizioni di sicurezza e controllo presenti nei CARA non si differenziano in modo apprezzabile da quelle sussistenti nei campi autorizzati, anch'essi vigilati e non vincolanti quanto alla permanenza. Anche volendo giustificare una forzatura della norma, non si capisce la ragione di una simile accelerazione dello spostamento nel CARA per l'esame di una domanda di asilo avanzata più di un mese fa;

tale accelerazione risulta poi ancora più inopportuna vista la delicatezza e la complessità del contesto sociale nel quale si colloca. È opportuno ricordare nuovamente che lo smantellamento del «Casilino 900» avviene in assenza degli interventi per la costruzione dei nuovi campi e l'ampliamento dei campi autorizzati già esistenti come previsto dal piano. Ciò ha portato non solo ad aumentare vertiginosamente la «densità demografica» dei campi allo stato interessati - e ciò a detrimento della loro vivibilità interna e del rapporto con i quartieri circostanti - ma è anche intervenuta modificando pericolosamente e senza una ratio la composizione etnica dei campi. Infine, e soprattutto, l'allontanamento di nuclei familiari radicati ed inseriti da anni in percorsi di integrazione faticosamente avviati, soprattutto nei termini di inserimento nel percorso scolastico dei bambini, sembra una scelta dettata più da una fretta (peraltro che appare agli interroganti immotivata) che da considerazioni legate alla corretta applicazione del «piano nomadi»;

è di tutta evidenza che le modalità seguite nel dare applicazione al Piano, unite alle circostanze evidenziate sopra, lasciano perplessi in relazione agli obiettivi perseguiti e alla loro congruità con quanto delineato nel «piano», condizionando pesantemente l'azione delle istituzioni coinvolte -:

se il ministro interrogato non ravveda l'urgenza di ripristinare immediatamente le condizioni di dimora delle famiglie rom trasferite contro la loro volontà al di fuori del campo attrezzato di via Salone, nel quale si trovano domiciliate da molti anni;

se il ministro interrogato non ravveda, riguardo alle famiglie del campo romano di via Salone, l'urgenza di ripristinare immediatamente la corretta applicazione delle norme sul trattenimento dei richiedenti asilo nei CARA di Roma. (4-05841)