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Atto a cui si riferisce:
S.1/00212 [Contrastare la diffusione dell'obesità infantile]



Atto Senato

Mozione 1-00212 presentata da MASSIMO GARAVAGLIA
giovedì 3 dicembre 2009, seduta n.296

GARAVAGLIA Massimo, RIZZI, BOLDI, PITTONI, ADERENTI, MARAVENTANO, VALLARDI, MONTANI - Il Senato,

premesso che:

in tutti i Paesi del mondo occidentale, l'obesità infantile rappresenta un problema di notevole rilevanza sociale. Secondo le National Center for disease control and prevention Health and Nutrition Examination Surveys condotte dal Centro di statistica sanitaria dei CDC, il 16 per cento dei bambini e ragazzi americani nella fascia d'età 2-16 anni è obeso (ovvero presenta un indice di massa corporea superiore al 95° percentile nelle curve di crescita), mentre negli anni '60-'70, il problema colpiva appena il 5 per cento del campione;

anche in Italia, nonostante il consolidamento di abitudini alimentari familiari incentrate sulla dieta mediterranea, il fenomeno sta assumendo dimensioni preoccupanti: la sorveglianza in età infantile "Okkio alla Salute" (sistema di monitoraggio finalizzato alla raccolta di informazioni sulle abitudini alimentari e l'attività fisica nei bambini di 6-10 anni) stima che i bambini tra i 6 e gli 11 anni con problemi di eccesso ponderale, in Italia, siano ben 1.100.000. Il 12 per cento dei bambini risulta obeso, mentre il 24 per cento è in sovrappeso: più di un bambino su tre, quindi, ha un peso superiore a quello che dovrebbe avere per la sua età;

anche se nessuna regione può dirsi esente dal problema, le differenze sul territorio sono notevoli, con situazioni più gravi al Centro e soprattutto al Sud: l'analisi svolta da "Okkio alla Salute" sui bambini di 8 e 9 anni mostra che le regioni più colpite sono Campania, Molise, Calabria, Sicilia e Basilicata. Tale dato conferma il gradiente Nord-Sud del fenomeno, misurato sugli adulti, che mostra come la percentuale della popolazione in sovrappeso o obesa tra 18 e 69 anni sul totale oscilla fra il 33 per cento di persone in Lombardia ed il 54 per cento in Basilicata;

all'obesità infantile sono associate sia conseguenze cosiddette precoci (problemi di tipo respiratorio, articolare, nonché disturbi dell'apparato digerente o di carattere psicologico), sia conseguenze cosiddette "tardive", in quanto l'obesità infantile rappresenta un fattore predittivo di obesità nell'età adulta, di regola associato a disfunzioni di natura cardiocircolatoria, muscoloscheletrica, metabolica e disturbi alimentari, fino allo sviluppo di tumori del tratto gastroenterico;

nella società occidentale contemporanea, la diffusione dell'obesità infantile, pur costituendo un problema sanitario a tutti gli effetti, affonda le proprie radici in abitudini sociali ed approcci culturali che trovano nella diseducazione alimentare il loro minimo comune denominatore;

dal punto di vista medico-scientifico, l'obesità infantile è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo, prodotto da uno stile di vita sedentario e da un'alimentazione ad alto consumo calorico;

dal punto di vista socio-culturale, l'obesità infantile nasce, viceversa, dalla generale propensione delle famiglie italiane a considerare patologica, nei bambini, la sotto-alimentazione piuttosto che il suo inverso; tale comportamento si traduce in scelte alimentari spesso inadeguate alle effettive esigenze alimentari dell'infanzia, inclini piuttosto ad assecondare gusti e preferenze dei bambini piuttosto che ad orientarne le scelte verso alimenti sani e nutrienti;

se l'obesità infantile presenta indubbiamente una genesi multifattoriale, operando come la risultante di diverse cause che interagiscono tra loro, determinanti appaiono sicuramente le cause socio-culturali del problema: a parte i rari i casi di obesità legati ad alterazioni ormonali quali ipotiroidismo o disfunzioni surrenali, nella maggior parte delle situazioni l'obesità è la conseguenza di una eccessiva e/o cattiva alimentazione, legata o meno ad una ridotta attività fisica e a fattori di tipo genetico e familiare;

tali considerazioni trovano chiara conferma nei risultati dell'indagine Multiscopo del 2000, condotta dall'Istituto nazionale di statistica (Istat), che riportano lo "stato dell'arte" del sovrappeso e dell'obesità infantile ed adolescenziale in Italia;

l'indagine, infatti, ha chiaramente evidenziato la correlazione esistente tra l'esposizione al rischio di un eccesso di peso per i ragazzi con età compresa tra i 6 e i 17 anni ed i fattori della familiarità (sia nella sua componente genetica che in quella ambientale), della sedentarietà, dello status socio-economico (connesso al livello di istruzione della madre). In particolare si segnala che:

a) in relazione al fattore "familiarità", l'indagine ha dimostrato come, in presenza di entrambi i genitori in sovrappeso o obesi, la percentuale di ragazzi che presentano lo stesso disturbo è di circa il 34 per cento; la percentuale scende al 25 per cento se uno solo dei due genitori presenta il problema (con una leggera variazione tra il caso di soprappeso-obesità materno pari al 25,4 per cento - ovvero paterno pari al 24,8 per cento), fino ad attestarsi al 18 per cento se nessuno dei due genitori lamenta un eccesso di peso; se la fascia di età esaminata si limita al caso dei bambini tra i 6 e i 13 anni, l'esposizione al rischio sale addirittura al 42,1 per cento se in famiglia (inteso in senso allargato) c'è almeno un adulto obeso;

b) con riferimento al dato della sedentarietà, l'indagine ha evidenziato come, nei bambini in fascia di età 6-13 anni, l'esposizione al rischio dell'eccesso di peso segni un incremento di 10 punti percentuali (dal 28,7 per cento al 37, 3 per cento) a seconda che il bambino pratichi o meno regolare attività fisica;

c) con riferimento allo status socio-economico, la percentuale dei ragazzi tra i 6 e i 17 anni di età con eccesso di peso segna una contrazione di 3 punti percentuali (dal 26,6 per cento al 23,1 per cento) a seconda che il giudizio sulle risorse economiche della famiglia sia, rispettivamente, negativo ovvero positivo; la correlazione è evidente anche con il livello di istruzione della madre: i dati confermano, infatti, che il rischio di obesità infantile è superiore nel caso in cui la madre abbia la licenza elementare o nessun titolo di studio (25,9 per cento di bambini e adolescenti con eccesso di peso, mentre se il titolo di studio è una laurea o un diploma di scuola media superiore la percentuale di rischio scende al 22,5 per cento);

molti dei fattori che secondo l'indagine multiscopo ISTAT condizionano l'esposizione al rischio di soprappeso o obesità infantile presentano chiaramente una matrice di ordine socio-culturale; proprio tale constatazione impone di soffermare l'attenzione sull'adozione di strumenti di sensibilizzazione attraverso la comunicazione istituzionale finalizzati a promuovere un nuovo approccio al problema;

una strategia di comunicazione istituzionale incentrata sulla prevenzione dei problemi dell'obesità infantile appare infatti determinante, almeno nel medio periodo, per prevenire la diffusione del fenomeno e favorire il consolidamento di nuovi stili di vita;

in Francia è stato avviato negli ultimi anni, con il patrocinio del Ministero della famiglia, il Ministero della gioventù, dell'istruzione nazionale e della ricerca, il Ministero dell'agricoltura, dell'alimentazione, della pesca e degli affari rurali, il progetto EPODE, Ensemble prévenons l'Obésité des enfants, che contempla diverse iniziative per combattere e prevenire l'obesità infantile;

in particolare, il progetto EPODE prevede di integrare i corsi scolastici con una formazione in tema di educazione alimentare, di ripensare il momento della ricreazione al fine di contrastare la sedentarietà, di adeguare l'offerta alimentare nelle mense scolastiche al fine di consentire agli studenti di assaporare alimenti diversi, di promuovere azioni come il programma Pedibus, consistente nell'organizzazione di autobus scolastici pedonali, coordinati dai genitori;

tra le diverse iniziative contemplate dal progetto EPODE, particolare rilevanza assume quella che utilizza i canali pubblicitari come veicolo per sensibilizzare i bambini e le loro famiglie sull'importanza di un'alimentazione sana, abbinando alle tradizionali affissioni commerciali messaggi di comunicazione sociale che richiamino l'attenzione sugli stili di vita (il consumo di frutta e verdura, la varietà della dieta, la pratica sportiva) che maggiormente possono contribuire a prevenire il problema dell'obesità;

anche negli Stati Uniti, al fine di bloccare entro il 2010 l'epidemia di obesità infantile, l'American Heart Association e la Clinton Foundation hanno creato l'alleanza Healthier Generation, «per una generazione più sana», che in particolare ha individuato nelle scuole e nell'industria alimentare e della ristorazione i principali interlocutori. L'Alleanza ha promosso diverse iniziative, anche a carattere pubblicitario, per incentivare una sana alimentazione, ad esempio promuovendo una campagna salutista a base di show televisivi, giochi sul web e altro;

grazie ad un sapiente utilizzo degli strumenti di comunicazione per disincentivare il consumo di merendine ed i pomeriggi davanti alla tv, per la prima volta dopo 25 anni di crescita costante il tasso di diffusione dell'obesità infantile ha segnato, negli Stati Uniti, una battuta d'arresto, come confermato dall'analisi dei dati raccolti dai CDC dal 1999 al 2006,

impegna il Governo a promuovere anche in Italia l'avvio di un programma innovativo di comunicazione sociale per contrastare la diffusione dell'obesità infantile, modulato sulle esperienze straniere esposte in premessa, che impegni le aziende alimentari (ed in particolare quelle che producono alimenti a rischio per la dieta alimentare dei bambini) ad accompagnare i tradizionali messaggi pubblicitari commerciali con frasi che incentivino l'adozione di stili di vita salubri.

(1-00212)