• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/00213 La X Commissione, premesso che: il settore orafo-argentiero-gioielliero italiano è composto in maggioranza da aziende piccole o piccolissime (4,5 addetti per unità),...



Atto Camera

Risoluzione in Commissione 7-00213 presentata da MASSIMO CALEARO CIMAN
lunedì 19 ottobre 2009, seduta n.234
La X Commissione,

premesso che:

il settore orafo-argentiero-gioielliero italiano è composto in maggioranza da aziende piccole o piccolissime (4,5 addetti per unità), ma negli anni è riuscito a conquistare i primi posti nel mondo grazie alla creatività, al design, all'innovazione di prodotto e di processo e alla capacità di adottare sofisticate tecnologie assieme alla artigianalità dei propri manufatti;

il settore è ancora uno dei pilastri del made in Italy manifatturiero, infatti, con 3,8 miliardi di euro può vantare il sesto saldo commerciale attivo con l'estero preceduto solo da carburanti/combustibili, parti e accessori per auto, macchine per la lavorazione delle plastiche/gomma/altri materiali, rubinetti ed elettrodomestici;

dall'inizio degli anni 2000 il settore è entrato in una fase di grande sofferenza e rallentamento che ne ha compromesso la leadership mondiale: dal 2003 al 2007 la trasformazione di oro in gioielli è calata del 36 per cento; le esportazioni, che rappresentano i due terzi della produzione, sono costantemente diminuite su tutti i principali mercati a partire dagli USA, primo mercato di esportazione, dove dal 2002 al 2007 sono diminuite del 75 per cento;

nel 2008 le esportazioni del settore orafo italiano hanno registrato un'ulteriore significativa contrazione - -8,3 per cento in valore e -12,9 per cento in quantità - subendo il peggioramento del quadro economico mondiale. Sulle vendite all'estero ha pesato soprattutto il dato negativo del mercato USA (-30 per cento);

le attività dell'industria orafa italiana hanno trovato scarso sostegno anche da parte della domanda interna. Né la quota relativamente modesta da essa detenuta, circa un quarto della produzione totale poteva, d'altra parte, supplire la caduta della domanda estera. Il consumo di gioielli in oro in Italia si è ridotto di oltre il 50 per cento passando dalle 112 tonnellate del 1998 alle 50 tonnellate del 2008; il fatturato complessivo nel 2008 è stato pari a 4.572 milioni di euro con un calo di oltre il 25 per cento, in soli 2 anni, nonostante l'aumento delle quotazioni della materia prima (fonte Club degli Orafi - Centro Studi Banca Intesa);

secondo i dati Unioncamere, le unità locali attive sono passate dalle 13.125 del 2003 alle 11.654 del 2007 - 12.022 nel 2006 - con un calo di ben 1.471 unità in soli 5 anni; parallelamente sono aumentate in modo impetuoso le quote di mercato dei nostri principali competitori India, Cina, Thailandia, Turchia, anche sui tradizionali mercati di esportazione delle nostre imprese;

in dieci anni dal 1998 al 2008 le quantità di oro trasformate in prodotti finiti sono passate da 535 tonnellate a 169 tonnellate (-70 per cento per il 2009 le previsioni indicano un ulteriore peggioramento del 20 per cento); l'argento è passato da 1.410 tonnellate a poco più di 800 tonnellate secondo dati forniti da Gold fields mineral services (GFMS);

l'attuale crisi finanziaria globale ha chiaramente aumentato in modo esponenziale le difficoltà del comparto, difficoltà che coinvolgono, inevitabilmente e pesantemente, anche i principali distretti orafi gioiellieri italiani: Arezzo, Milano, Macerata, Napoli, Palermo, Valenza e Vicenza;

a titolo esemplificativo si riportano alcuni dati allarmanti del distretto orafo vicentino, dove, come negli altri distretti sopra citati, la chiusura delle aziende è, purtroppo, una costante degli ultimi mesi: il distretto che nel 2000 contava 1.220 aziende, nel 2008 chiudeva a quota 933. Negli ultimi mesi la situazione è peggiorata ulteriormente, al momento sono solamente 600 i marchi operativi; il calo produttivo dell'ultimo anno è stato caratterizzato da una diminuzione degli ordinativi interni del 33,4 per cento o e di quelli esteri del 14,6 per cento, da una flessione del fatturato per una quota del 28,8 per cento da una diminuzione dell'occupazione dell'11,1 per cento; il mese peggiore per il distretto vicentino è stato quello di maggio 2009, quando si sono consumati 32 accordi aziendali di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa per crisi congiunturali;

si prevede che nel 2010, nel vicentino, le aziende sopravvissute saranno 400 con perdite complessive in dieci anni che possono essere così sintetizzate: due terzi delle fabbriche e tremila dipendenti in meno. Moltissime aziende stanno cercando di resistere con propri mezzi ricorrendo al credito per la materia prima «oro o argento», per investire in nuovi prodotti, per la commercializzazione, per essere più competitivi;

i fattori che hanno determinato questa situazione sono diversi e concomitanti:

a) una radicale caduta libera dell'appeal dell'oro e dei preziosi in generale nei mercati abituali non bilanciato da richieste di nuovi mercati emergenti anche per la concorrenza di altri prodotti e soprattutto per la presenza di barriere, tariffarie e non, che penalizzano le esportazioni italiane nei principali mercati di sbocco e sui nuovi mercati;

b) in alcuni mercati importanti come ad esempio la Russia, la Cina e l'India, dove ancora è apprezzato il monile d'oro, la commercializzazione dei prodotti italiani è di fatto preclusa in quanto il mercato è protetto da dazi doganali, né va dimenticato che questi Paesi si stanno attrezzando per sviluppare una propria industria orafa utilizzando a tal fine anche il basso costo della manodopera locale;

c) il prezzo del metallo ha raggiunto negli ultimi anni livelli troppo elevati, in particolare se si considera il periodo di crisi attuale (tra dicembre 2008 e gennaio 2009, ad esempio, l'oro ha registrato un aumento del 30 per cento); tale prezzo è inoltre caratterizzato da estrema volatilità;

d) il sistema bancario ha di recente modificato l'atteggiamento rispetto alla concessione di crediti alle aziende orafe, rendendo il ricorso ai fidi bancari sempre più difficile. Le stesse banche, inoltre, hanno iniziato a chiedere rientri di metallo oggetto del prestito d'uso, costringendo le aziende alla chiusura;

di fronte ad uno scenario così preoccupante, diversi potrebbero essere gli ambiti di intervento, come: più numerose facilitazioni nell'accesso ai mercati terzi, maggiore salvaguardia del made in Italy, semplificazione nell'accesso al credito per le aziende, aumento degli investimenti in ricerca ed innovazione;

il settore gioielliero è rivolto alle esportazioni per i due terzi della produzione e per tale motivo è penalizzato dalle pesanti barriere tariffarie dei Paesi importatori dei nostri prodotti, si calcola infatti che a causa delle barriere doganali, i nostri prodotti sono ancora oggi preclusi al 60 per cento dei consumatori mondiali; anche con il mercato americano, da sempre il principale importatore di manifatture orafe italiane, non esiste reciprocità di trattamento;

lo stesso accade con alcuni Paesi della comunità europea per la mancanza di un'effettiva libera circolazione delle merci all'interno dell'Unione europea. L'immissione in consumo dei gioielli italiani in molti Paesi comunitari, infatti, non è automatica, ma è subordinata a un ulteriore controllo e a un'ulteriore marchiatura presso il Paese membro di destinazione da parte di uffici di controllo a tale scopo preposti;

la salvaguardia del mercato domestico appare un'esigenza primaria, sia per quanto riguarda la produzione che la distribuzione. Il controllo concerne in particolare la corretta apposizione dei marchi e il contenuto di metallo prezioso presente nel gioiello. Tutto ciò al fine di intercettare la sempre maggiore quantità di gioielli importati, che non sempre sono conformi alle normative nazionali ed europee vigenti e contrastare i fenomeni riguardanti la contraffazione del made in Italy e dei marchi di fabbrica, al fine di garantire che tale marchio sia presente solo nei periodi realizzati in Italia;

oltre che dalla crisi creditizia il comparto dei preziosi è ulteriormente e pesantemente penalizzato dal fatto che negli ultimi tempi le banche operanti in molti distretti stanno revocando in maniera sistematica e generalizzata gli affidamenti in metallo prezioso delle aziende, chiedendone la restituzione immediata e determinando come normale conseguenza la contrazione della capacità produttiva delle aziende le quali, non avendo materia prima da lavorare, sono costrette a ridurre la manodopera impiegata;

emerge quindi un quadro allarmante di un numero crescente di aziende impegnate in questi ultimi mesi nel rifondere tonnellate di merce pronta per la vendita, allo scopo di trasformarla nei lingotti necessari alla restituzione del prestito d'uso agli istituti di credito;

il settore dell'oreficeria-argenteria-gioielleria, che come detto è prevalentemente orientato all'esportazione, è caratterizzato dalla presenza di due tra i più importanti elementi distintivi in ambito industriale per cui l'Italia è conosciuta nel mondo: la meccanica di precisione e il design creativo. Tale secondo elemento è comune a molti altri settori di punta del nostro sistema industriale e rappresenta una vera e propria «bandiera» del made in Italy, risultando decisivo per il mantenimento della competitività del sistema Paese;

esso tuttavia comporta rilevantissimi investimenti in «ricerche e studi» al fine di mantenere i livelli di eccellenza per cui le imprese italiane sono famose. Questa peculiarità non ha però mai avuto l'attenzione del legislatore fiscale in ordine ad eventuali sistemi di incentivazione e sostegno;

gli investimenti in studi, nei campionari e ricerche riferiti al «design», allo stato e per quanto è dato sapere, non rientrano nelle agevolazioni concesse alla ricerca e tale fatto appare sostanzialmente inspiegabile alla luce di quanto esposto;

allo scopo di far fronte alla fase acuta della crisi dei settore, si potrebbero valutare specifici interventi finalizzati a:

a) attenuare o eliminare l'applicazione dei dazi doganali per i prodotti italiani ed europei, attraverso appositi accordi doganali con i Paesi appartenenti all'OCSE, in particolare gli Stati Uniti, da sempre principale mercato dell'export italiano, oppure con una trattativa settoriale per lo «0x0» nell'ambito del negoziato del Doha round;

b) attuare il principio del mutuo riconoscimento per arrivare all'eliminazione delle costose barriere tecniche ed amministrative tra gli Stati membri dell'Unione europea;

c) migliorare i controlli specializzati nella repressione delle frodi in commercio, della concorrenza illegale operata anche con illegittime importazioni, della contraffazione dei prodotti, ed in generale di ogni indebita appropriazione di ogni forma di proprietà intellettuale;

d) introdurre una nuova disciplina delle importazioni che preveda l'obbligo di evidenziare sugli oggetti provenienti da Paesi extra UE, lo stato di provenienza e imponga agli importatori regole rigide cui attenersi con relative sanzioni - dispositivo già in parte recepito nella proposta di legge settoriale licenziata nel febbraio 2009 dalla Commissione attività produttive della Camera ed ogni caso ripreso dalla legge n. 99 del 2009 recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia»;

e) realizzare eventi che promuovano la produzione italiana assegnando alla stessa una sorta di valore aggiunto come «made in Italy»;

f) intervenire affinché vengano attenuate o sospese temporaneamente le richieste da parte degli istituti di credito, di restituzione parziale o totale del metallo già concesso in prestito d'uso alle aziende orafe nazionali;

g) incentivare e sostenere gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo e salvaguardare il patrimonio di conoscenze e di artigianalità del settore, valutando a tal fine la possibilità di attivare per il comparto, magari con una formula innovativa, una struttura di riferimento nazionale (per esempio, una stazione sperimentale per l'oreficeria, l'argenteria ed il gioiello italiano),
impegna il Governo
a convocare un tavolo settoriale interministeriale e ad adottare un complesso di misure strutturali atte a far superare al settore il grave stato di crisi, valutando altresì le azioni proposte in premessa.

(7-00213)
«Calearo Ciman, Sbrollini, Vico, Lulli, Portas, Marantelli, Scarpetti, Cardinale, Rosato, Pes, Bossa, Lenzi».