• Testo DDL 1430

link alla fonte  |  scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.1430 Disposizioni per promuovere la rappresentanza di genere nelle amministrazioni locali





Legislatura 16º - Disegno di legge N. 1430


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 1430
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori Mariapia GARAVAGLIA e DI GIOVAN PAOLO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 MARZO 2009

Disposizioni per promuovere la rappresentanza di genere
nelle amministrazioni locali

 

Onorevoli Senatori. – L’ispirazione del presente disegno di legge nasce dall’esigenza finora elusa di incentivare una maggiore presenza femminile nelle istituzioni ad ogni livello con la gradualità necessaria a garantire le pari opportunità per ambedue i sessi ,ma non di sola facciata o per forzature dall’alto che condizionano già in partenza la piena autonomia delle elette. Essenziale per la riuscita dell’iniziativa legislativa è la consapevolezza che essa presuppone una crescita dei livelli di rappresentanza a cui corrisponda l’esercizio di crescenti responsabilità e che la strada maestra è quella che discende dal dettato costituzionale che configura il nostro come uno Stato delle autonomie. È proprio dalla scuola delle autonomie locali e dal suo primo livello, quello comunale, che questo disegno di legge intende partire per la formazione di classe dirigente in grado di dare prova delle proprie capacità per poter poi ricoprire livelli di crescenti responsabilità.

    La storia delle democrazie occidentali è costellata dai tentativi messi in atto per favorire una crescente presenza femminile nelle istituzioni e dal riconoscimento della piena legittimità di norme incentivanti, anche attraverso «quote di genere». Un esempio probante di questo nuovo indirizzo ci viene dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000 che all’articolo 23, secondo comma, proclama che «il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.» Già dall’anno precedente in Francia il Conseil constitutionnel, diversamente dal passato, aveva riconosciuto la legittimità delle disposizioni legislative a tutela della presenza nelle liste di candidature femminili. Per quanto riguarda il nostro ordinamento sussiste ancora un’interpretazione restrittiva che vede nelle quote rosa una limitazione di fatto e di diritto dell’elettorato passivo e conseguentemente presuppone l’illegittimità di norme che condizionino a tale presenza la validità delle liste. Alla luce poi dell’esperienze nei Paesi scandinavi è importante rilevare il fatto che già dagli anni Settanta, prima della introduzione per legge delle quote, la rivoluzione rosa era partita dagli statuti dei partiti e dalla loro ferma volontà di applicare le misure di incentivazione. Anche in Italia, nelle elezioni per gli organi locali del partito democratico si è adottato il criterio del doppio voto di preferenza, purché differenziato per sesso ed il risultato è stato quello sperato di un forte incremento della presenza femminile. Il pregio maggiore di questa esperienza è che si ottiene una piena legittimazione delle elette senza concessioni e conseguenti sudditanze. È significativo al riguardo una iniziativa varata dal consiglio dei giovani del comune di Sabaudia, che, dopo un serrato confronto, ha deliberato, recependo una sollecitazione in un articolo dell’Onorevole Carelli, di richiedere alla regione di integrare il regolamento elettorale inserendo il doppio voto di preferenza purché differenziato per genere, a pena di nullità delle preferenze espresse. Inoltre, il consiglio dei giovani si è premurato di richiedere la garanzia di presenza in consiglio di ambedue i sessi per una quota almeno di un terzo. Si spera così di favorire dalla più giovane età un costume partecipativo destinato ad essere avvertito come un dovere civico anche quando sulla donna vengono a gravare impegni familiari e di lavoro.
    Nel merito, per quanto ci riguarda nell’articolo 1 del presente disegno di legge ci limitiamo ad introdurre i due voti di preferenza (tra l’altro rompendo la logica perversa di ciascuno contro tutti), validi purché diversificati per genere, limitandoci altresì nell’articolo 2 a prevedere per i consigli provinciali (essendo uninominali) una quota, a partire almeno da un terzo dei candidati presenti nelle liste, verificando in Parlamento possibili misure di sostegno o di incentivazione ai partiti per farsene garanti, come già verificatisi nei Paesi scandinavi. Inutile dire della necessità di battersi nei rispettivi partiti perché concorrano a porre in atto tutte le misure necessarie a favorire l’allineamento del nostro Paese a quelli più evoluti d’Europa.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

    1. Al comma 5 dell’articolo 71 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Si possono, altresì, esprimere due voti di preferenza, purché ciascuno per un candidato di genere diverso alla carica di consigliere comunale, compresi nella lista collegata al candidato prescelto alla carica di sindaco, scrivendone i nomi nelle apposite righe stampate sotto il medesimo contrassegno».

Art. 2.

    1. All’articolo 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, secondo comma, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: «Ciascun gruppo deve inoltre comprendere nella propria lista un numero di candidati di genere diverso non inferiore ad un terzo».


torna su