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Atto a cui si riferisce:
C.2106 Soppressione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e disposizioni concernenti la nomina e le funzioni del consiglio di amministrazione della società RAI - Radiotelevisione italiana Spa



XVI LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2106


 

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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GRAZIANO, GIULIETTI
Soppressione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e disposizioni concernenti la nomina e le funzioni del consiglio di amministrazione della società RAI-Radiotelevisione italiana Spa
Presentata il 26 gennaio 2009


      

Onorevoli Colleghi! - Nella sua lunga evoluzione storica, le attribuzioni della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi non sono risultate coordinate con quelle di altri organismi operanti nel medesimo settore e questo benché il suo ruolo sia stato esplicitamente riconsiderato nel tempo. La natura delle sue funzioni, sospesa tra valutazioni politiche e considerazioni meramente tecniche, costituisce uno dei motivi sottostanti alla necessità di una diversa ricognizione degli ambiti di competenza dell'organismo e, quindi, di una sua radicale riforma.
      La diffusione di programmi radiofonici e televisivi riveste carattere di preminente interesse generale. L'iniziale legittimità della riserva dell'esercizio della radiotelevisione allo Stato, e quindi la legittimazione del permanere del monopolio statale, è stata temperata dalla necessità di garantire i princìpi dell'indipendenza, dell'obiettività, dell'imparzialità e dell'uguale apertura alle diverse opinioni, forze e tendenze politiche, sociali e culturali. Essa è anche un servizio pubblico essenziale. La Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi nasce a opera della legge n. 103 del 1975, a presidio di quelle finalità e di quei princìpi fondamentali.
      In realtà, le linee direttive della legge citata si rinvengono nella sentenza della Corte costituzionale n. 225 del 1974: il passaggio delle funzioni di indirizzo e di vigilanza sui servizi radiotelevisivi pubblici dall'ambito governativo a quello parlamentare;
 

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l'istituzione di una Commissione parlamentare con tali poteri; il potere di nominare il consiglio di amministrazione della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo; il potere di indirizzo generale per assicurare l'imparzialità e l'equilibrio dei programmi; il potere di fissare un cosiddetto «tetto» alla pubblicità radiotelevisiva, a garanzia della «libera stampa»; il potere di disciplinare direttamente i programmi di specifica propaganda politica, «tribuna politica», «tribuna elettorale», «tribuna sindacale» e «tribuna stampa»; il potere di garantire con norme regolamentari l'accesso al mezzo radiotelevisivo. Nel tempo, il pluralismo nella televisione pubblica si traduce nella spartizione delle tre reti, secondo il meccanismo della lottizzazione partitocratica, alterando le finalità garantiste della Corte.
      La legge n. 223 del 1990, anch'essa, segue una pronuncia del giudice costituzionale, la sentenza n. 826 del 1988. Il contesto è, però, profondamente diverso. La questione centrale non è tanto o soltanto quella di garantire il pluralismo «interno» all'azienda concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ma anche e soprattutto quella di assicurare il pluralismo «esterno», cioè risultante dall'esistenza e con il concorso di più emittenti, da conseguire anche attraverso il contrasto delle situazioni di monopolio o di oligopolio che nel settore, per la disponibilità limitata delle frequenze, si possono creare. La legge di attuazione della citata sentenza disegna un sistema radiotelevisivo misto che, confermando il regime concessorio statale e consentendo l'emittenza privata, si realizza con il concorso di soggetti pubblici e privati. Il soggetto privato è subordinato a norme anti-concentrazione ed è parificato all'emittenza pubblica quanto alle finalità e ai princìpi ispiratori. La garanzia parlamentare sul sistema è affidata all'istituzione del Garante per la radiodiffusione e l'editoria, oggi rappresentato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
      La preoccupazione di tutelare il principio del pluralismo «esterno» riemerge in due successive occasioni. La prima si concreta nella sentenza n. 420 del 1994, sempre della Corte costituzionale, a seguito della quale non solo si ha la rinuncia di una delle tre reti televisive «terrestri» da parte della principale concentrazione privata, ma anche un nuovo intervento legislativo, la legge n. 249 del 1997, ai sensi del quale l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni governa sostanzialmente l'intero settore dell'emittenza e la sua evoluzione: un progresso tecnico che, fornendo nuovi strumenti di trasmissione, attenui il problema della materiale disponibilità delle frequenze, uno dei fattori che hanno legittimato dapprima il monopolio pubblico radiotelevisivo e poi il contingentamento dell'emittenza privata e il suo assoggettamento al regime concessorio. La seconda è quella in cui, con la sentenza n. 466 del 2002, la stessa Corte ritiene illegittimo l'aver rimesso all'Autorità garante valutazioni sulla diffusione di nuovi mezzi tecnici, in quanto le modalità indicate dalla legge rendono concreta l'eventualità di un nuovo, lungo rinvio della vigenza delle precedenti indicazioni della Corte, sancite nella citata sentenza n. 420 del 1994. Inoltre, il termine per irradiare via satellite una rete eccedente del gruppo Mediaset e per rinunciare alla pubblicità sulla terza rete della RAI-Radiotelevisione italiana Spa è fissato alla fine dell'anno 2003.
      L'evoluzione delle funzioni della Commissione parlamentare si situa in questo percorso contestuale. Inizialmente le competenze sono assai ampie, nel tempo esse risultano sensibilmente ridimensionate; diverse specifiche funzioni di indirizzo e di governo della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo vengono trasferite al consiglio di amministrazione della stessa società; l'istituzione dell'Autorità garante sottrae alla Commissione parlamentare la potestà di determinare il «tetto» massimo delle risorse pubblicitarie utilizzabili da parte della stessa società concessionaria. In proposito, l'esistenza di competenze dell'Autorità garante, alcune anche molto penetranti e affatto coordinate con le attribuzioni della Commissione parlamentare, ha comportato un'applicazione
 

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del complesso insieme normativo derivante dalla prassi, con una ripartizione dei casi dubbi secondo un criterio «soggettivo»: all'Autorità garante spetta la competenza sulle questioni dell'emittenza privata, alla Commissione parlamentare quella sull'emittenza pubblica, cioè sulla programmazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa. La legge n. 206 del 1993 sottrae alla Commissione parlamentare la potestà di nominare il consiglio di amministrazione della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, affidandola temporaneamente a una determinazione d'intesa dei Presidenti delle due Camere. Invero, all'inizio della XI legislatura, in un momento di crisi finanziaria della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, la Commissione parlamentare non era riuscita a raggiungere al suo interno la maggioranza necessaria per eleggere il nuovo consiglio di amministrazione. Interventi legislativi successivi hanno ulteriormente modificato le sue competenze, mostrando una tendenza al ridimensionamento delle sue funzioni. Questo ha riguardato maggiormente le competenze attinenti all'intervento diretto su aspetti gestionali della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, salvaguardando in una certa misura quelle che si esplicano sul versante politico-gestionale dell'attività della Commissione parlamentare: la potestà della Commissione di proporre ai Presidenti delle Camere, con la maggioranza dei due terzi, la revoca del consiglio di amministrazione; il parere sul contratto di servizio concluso tra il Governo e la RAI-Radiotelevisione italiana Spa, il quale periodicamente definisce i diritti e i doveri derivanti dalla concessione del servizio pubblico radiotelevisivo.
      Il compito più significativo della Commissione parlamentare è posto a tutela del principio del pluralismo, disciplinando la fruizione da parte delle forze politiche degli spazi di propaganda politica ed elettorale, in collaborazione con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha un'analoga competenza per le emittenti private. Tuttavia, all'Autorità garante sono state conferite una visione e una potestà di disciplina il più possibile unitaria rispetto ai vari gestori di comunicazione.
      Le funzioni della Commissione parlamentare delineano una gamma di poteri vasta e complessa, che si esplicano non solo sul versante interno parlamentare, ma anche su quello delle competenze generali, nei suoi rapporti con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, su quello delle competenze riferite alla gestione nonché su quello delle competenze in materia di tribune e trasmissioni politiche ed elettorali. E tuttavia la garanzia parlamentare dei valori costituzionali non è affatto soddisfacente.
      La presente proposta di legge prevede, all'articolo 1, la soppressione della Commissione parlamentare.
      Con l'articolo 2 sono ridefinite le competenze assegnate al consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
      Con l'articolo 3 viene rideterminata la composizione del consiglio di amministrazione, prevedendo che esso sia composto da cinque membri, tutti nominati dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il presidente della RAI-Radiotelevisione italiana Spa viene eletto tra i componenti dello stesso consiglio di amministrazione e la sua nomina diviene efficace dopo aver ottenuto il parere favorevole, con una maggioranza qualificata di due terzi, delle Commissioni parlamentari competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      Così operando, viene ricondotta nell'ambito parlamentare la nomina del presidente e dei membri del consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa.
 

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. La Commissione prevista dall'articolo 11 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 3 aprile 1947, n. 428, e denominata Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, della legge 14 aprile 1975, n. 103, è soppressa.

Art. 2.

      1. Il consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, oltre alle competenze previste dal testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, come da ultimo modificato dall'articolo 3 della presente legge, provvede anche a:

          a) predisporre i programmi radiotelevisivi e la loro equilibrata distribuzione nei tempi disponibili;

          b) disciplinare direttamente le rubriche di «tribuna politica», di «tribuna elettorale», di «tribuna sindacale» e di «tribuna stampa»;

          c) indicare i criteri generali per la formazione di piani annuali e pluriennali di spesa e di investimento facendo riferimento alle prescrizioni dell'atto di concessione;

          d) approvare i piani generali della programmazione radiotelevisiva annuale e pluriennale e vigilare sulla loro attuazione;

          e) riferire con relazione annuale al Parlamento sulle attività svolte.

      2. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, oltre a esercitare le altre funzioni

 

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a essa demandate dalla legge, provvede anche a:

          a) stabilire le norme per garantire l'accesso al mezzo radiotelevisivo nonché deliberare sulle richieste di accesso. I soggetti che fruiscono dell'accesso, nell'organizzare il loro programma in modo autonomo, possono avvalersi della collaborazione tecnica gratuita della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;

          b) formulare indirizzi generali sui messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e con le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo;

          c) analizzare il contenuto dei messaggi radiofonici e televisivi, accertando i dati di ascolto e di gradimento dei programmi trasmessi;

          d) determinare il tempo di trasmissione complessivamente riservato all'accesso ai programmi radiotelevisivi nazionali e locali, provvedendo alla ripartizione del tempo disponibile tra i soggetti ammessi;

          e) assicurare la pluralità delle opinioni e degli orientamenti politici e culturali.

Art. 3.

      1. Il consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, composto da cinque membri, è nominato, d'intesa, dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      2. La nomina del presidente del consiglio di amministrazione della RAI-Radiotelevisione italiana Spa è effettuata dal medesimo consiglio nell'ambito dei suoi membri e diviene efficace dopo l'acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dalle competenti Commissioni

 

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permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Art. 4.

      1. Al testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 49:

              1) al comma 3, il primo periodo è soppresso;

              2) i commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10 sono abrogati;

          b) l'articolo 50 è abrogato.

      2. L'articolo 4 della legge 14 aprile 1975, n. 103, è abrogato.