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Atto a cui si riferisce:
C.1/00129 premesso che: la crisi finanziaria internazionale, come era facile prevedere, si è trasformata in crisi economica e sta facendo sentire i suoi effetti anche nel nostro...



Atto Camera

Mozione 1-00129 presentata da MASSIMO DONADI testo di lunedì 9 marzo 2009, seduta n.142
La Camera,

premesso che:

la crisi finanziaria internazionale, come era facile prevedere, si è trasformata in crisi economica e sta facendo sentire i suoi effetti anche nel nostro Paese. Diversi importanti istituti di previsione, della Banca d'Italia, della Confindustria, di enti di ricerca indipendenti, indicano un ulteriore aggravamento della crisi in Italia, con una caduta del prodotto interno lordo nel 2009 superiore al 2,5 per cento e un aumento della disoccupazione sopra l'8 per cento;

i dati sulla cassa integrazione, che a febbraio 2009 ha toccato un + 201,6 per cento, descrivono un mondo produttivo in forte difficoltà; le ore di cassa integrazione ordinaria sono aumentate del 553 per cento, quelle di cassa integrazione straordinaria del 44,8 per cento; ovviamente unito a ciò si deve aggiungere il calo dei consumi registrato da Confcommercio, che segnala a gennaio 2009 una riduzione tendenziale del 4,6 per cento sul piano quantitativo. Nonostante le affermazioni del Governo sulla cosiddetta cassa integrazione in deroga, che doveva estendere il trattamento di integrazione salariale ai settori di attività esclusi, le misure realmente applicate lasciano ancora molte imprese non coperte. In particolare, tutto il settore dell'artigianato è senza protezioni. Per gli apprendisti anche non artigiani non c'è alcuno strumento di protezione sociale e altrettanto si può dire per i contratti a termine e per i contratti di collaborazione;

nelle piccole imprese, che costituiscono l'80 per cento del totale delle imprese e assorbono il 90 per cento dell'occupazione, sono cominciati i licenziamenti e le cessazioni di attività. Gli ultimi dati resi noti dalla Banca d'Italia, ottenuti applicando il loro consolidato modello econometrico a quanto si rileva nell'andamento del terzo quadrimestre del 2008, dicono che la recessione si aggraverà e proseguirà almeno per tutto il 2009 e per il 2010. Oltre 1,2 milioni di lavoratori perderanno il posto di lavoro nel prossimo biennio, con conseguenze sociali devastanti e con un impatto sui consumi che farà da moltiplicatore della crisi;

tra gennaio e febbraio 2009 hanno subito un pesante ridimensionamento produttivo ed occupazionale, spinto fino alla chiusura di molte attività, molte aziende del comparto delle medio-grandi imprese, distribuite in tutte le aree geografiche del Paese: la Benetton, la Indesit e la Valeo in Piemonte, gli stabilimenti della chimica di base di Porto Marghera e in Sardegna, la Euroalluminia di Cagliari, la Merloni elettrodomestici in Umbria e la Merloni metalmeccanica in Abruzzo, i cantieri Apuana, la Eaton di Massa Carrara, la Telecom, gli stabilimenti Fiat di Pomigliano e Termini Imerese, l'Atitech e ancora una parte dell'occupazione ex Alitalia, che doveva essere assorbita dalla Cai e invece questo non è accaduto, le attività ex Ibm della Selfin, la Pininfarina e la Bertone;

entro luglio 2009 arriveranno a scadenza quasi un milione di contratti di lavoro a termine e nel secondo semestre dell'anno se ne aggiungeranno altri 1,4 milioni. È impossibile prevedere quanti di questi verranno confermati, ma è senza dubbio facile prevedere che la maggioranza di questi non verrà confermato ed in assenza di ammortizzatori sociali si tradurranno in «licenziamenti di fatto»;

i lavoratori «precari» in tutte le loro articolazioni rappresentano attualmente una categoria in costante crescita: il 12 per cento dell'occupazione complessiva e quasi l'80 per cento della nuova occupazione;

secondo le analisi effettuate da un osservatorio qualificato, come la Cgia di Mestre, i lavoratori precari hanno raggiunto a fine settembre 2008 quota 2.812.700, corrispondenti al 12 per cento del totale degli occupati in Italia, con una forte concentrazione nel Mezzogiorno, dal 2004 al settembre 2008 sono aumentati del 16,9 per cento: dunque cinque volte di più dell'incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, cresciuti nello stesso periodo del 3,1 per cento;

la presenza nel mercato del lavoro di questa nuova categoria di lavoratori è un fenomeno relativamente recente. È stato durante gli ultimi anni del secolo scorso che l'organizzazione tradizionale del mercato del lavoro ha iniziato la sua repentina trasformazione: alle due grandi categorie contrattuali, quella del lavoro autonomo e quella del lavoro subordinato, si sono affiancati tanti «nuovi lavori» e la necessità, quindi, di una molteplicità di nuove forme contrattuali;

le due tappe principali di questa trasformazione sono: la prima il 18 giugno 1997, quando venne approvato il cosiddetto «pacchetto Treu», una serie di norme finalizzate alla promozione dell'occupazione e alla disciplina del «lavoro temporaneo»; la seconda, l'approvazione della legge 14 febbraio 2003, n. 30, la cosiddetta «legge Biagi» e successivamente dei suoi decreti delegati;

la crisi attuale è, dunque, caratterizzata per essere la prima che affrontiamo con questa nuova realtà di «lavoro flessibile». Nel 1993, durante l'ultima grande crisi economica che il nostro Paese ha affrontato, fu firmato un importante accordo tra Governo e sindacati: il Protocollo sulla politica dei redditi e dell'occupazione sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo. Da sottolineare che, come è stato ricordato da fonte autorevolissima, a questo accordo si arrivò con una premessa fondamentale per la quale non si sarebbe comunque proceduto senza un accordo complessivo di tutti i partecipanti. Secondo l'ex Presidente della Repubblica Ciampi (intervistato dal quotidiano la Repubblica del 25 gennaio 2009) «un accordo sui contratti deve essere totale. È tale solo se lo firmano tutti.»;

la flessibilità è stata invocata, congegnata ed inserita per ovviare alla rigidità del nostro mercato del lavoro, non per abbassare il costo del lavoro, né tanto meno per camuffare il lavoro dipendente con altre forme contrattuali;

l'utilizzo distorto della flessibilità contrattuale, se diviene strutturale, produce un diffuso impoverimento dei lavoratori, rende precario il reddito, determina una netta contrazione della domanda al consumo, favorisce la contrazione della produzione, crea concorrenza sleale tra le aziende drogando il mercato ed è dunque una delle principali fonti di recessione nel nostro Paese;

attualmente il passaggio da lavoratori flessibili a lavoratori precari e da lavoratori precari a disoccupati appare uno dei percorsi più probabili a cui sono destinati nei prossimi mesi molti giovani lavoratori italiani;

la flexisecurity, di cui si è iniziato a parlare, di fatto non esiste: gli ammortizzatori sociali a cui faceva riferimento Marco Biagi restano completamente dimenticati;

nel 2009 le liste di disoccupazione rischiano di essere ingrossate soprattutto da lavoratori precari, per i quali non si può neanche parlare di licenziamento, perché semplicemente questi ultimi non si vedranno confermato il contratto. Si tratta di lavoratori completamente sprovvisti di qualsiasi forma di ammortizzatore sociale, anche perché al momento non risulta ancora nessun dispositivo attuativo di quegli ammortizzatori in deroga previsti per il 2009: le risorse che dovevano servire a questo scopo previste nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, sono ancora del tutto bloccate. Si tratta di una cospicua somma, otto miliardi di euro, che sarà destinata probabilmente non ai lavoratori più deboli, poiché alla loro ripartizione si provvederà in sede di contrattazione. L'indennità di disoccupazione dovrebbe essere ispirata al principio per cui il mantenimento del reddito in caso di perdita o assenza di lavoro costituisca un diritto di tutti e non il risultato della contrattazione tra Governo e parti sociali per i lavoratori dei settori «forti»;

una delle ragioni per l'affermazione della flessibilità fu anche quella di facilitare l'ingresso nel mondo del lavoro: al momento pare stia servendo solo ad aumentare il numero delle «soste temporanee» nel mercato del lavoro prima della fuoriuscita, che ogni volta diventa più rischiosa, perché con il passare degli anni il reinserimento è sempre più complesso, la soglia di rischio aumenta sensibilmente già dopo i 30 anni. Al momento quello che risulta particolarmente più agevole è l'interruzione del rapporto di lavoro;

il potere contrattuale di un lavoratore precario è particolarmente limitato e, oltre ad essere sprovvisti di ammortizzatori sociali, i lavoratori parasubordinati, quelli iscritti cioè alla gestione separata Inps, rischiano anche di non poter contare sulla pensione: se infatti il loro fondo pensionistico è attualmente uno dei migliori, quei soldi servono per sostenere le pensioni di chi pensionato lo è già o sta per andarci;

la crisi che abbiamo di fronte si abbatterà, in particolare, sui lavoratori precari: saranno loro i primi a pagarne il prezzo. In alcune regioni il trend è già evidente: in Piemonte le assunzioni nel mese di dicembre del 2007 sono crollate del 20 per cento, tra ottobre e novembre del 2008 nel torinese, secondo i dati dei centri dell'impiego, si sono persi quasi 21 mila posti di lavoro;

nel Lazio i contratti che rischiano di non essere rinnovati sono più di 184 mila, in Toscana più di 56 mila, in Lombardia 188 mila, in Campania quasi 45 mila, in tutto il Paese sono quasi 850 mila;

a dicembre del 2007 sono già scaduti 300 mila contratti a termine: soltanto un terzo di questi lavoratori ha potuto contare su un sostegno al reddito;

per i cosiddetti contratti di collaborazione, di cui si stima che ne scadranno tra 300 mila e 400 mila all'anno, non c'è ovviamente alcuna possibilità di accesso alla cassa integrazione in deroga e per essi è stato previsto, nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, un sussidio quasi simbolico e di difficile applicazione, pari al 10 per cento del reddito dell'ultimo anno;

il mondo del precariato è una realtà complessa e variegata, oltre che in costante crescita. Ai lavoratori a tempo determinato si affiancano quelli con contratti di somministrazione, i vecchi interinali e poi i lavoratori parasubordinati: con tutta la miriade di differenti tipologie contrattuali appare necessario fare chiarezza in questo universo contrattualistico, evitando abusi ed un utilizzo distorto della flessibilità contrattuale certamente necessaria allo sviluppo del nostro sistema impresa. Per i lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata Inps appare necessario distinguere i liberi professionisti dai dipendenti, utilizzando, in caso di rapporto di monocommittenza, il concetto di dipendenza economica;

le misure attivate dal Governo sono state inefficaci a mettere un argine alla crisi in atto. Gli stanziamenti previsti sono totalmente inadeguati a far fronte alla grave crisi economica ed occupazionale. Non saranno capaci di far fronte neppure alle esigenze di ammortizzatori sociali del primo semestre del 2009. Per di più, con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e col disegno di legge n. 1167 in Senato, è stato prima smantellato e poi abolito il processo di stabilizzazione del personale precario avviato con le due leggi finanziarie del Governo Prodi. Ciò, da solo, determinerà la perdita di lavoro per oltre 160 mila lavoratori precari della pubblica amministrazione e della scuola;

il Governo non sembra capire che l'attuale crisi dell'economia reale, in Italia e nel resto del mondo, deriva da una drastica e generale caduta dei redditi, che sta riducendo i consumi finali, quelli dei semilavorati e dei beni intermedi. Si sta assistendo ad uno shock da domanda;

le imprese che producono per il mercato finale hanno ridotto la produzione e hanno cominciato a svuotare i magazzini, in attesa di tempi migliori. La contrazione delle scorte si è tradotta in una riduzione della produzione di tutte le imprese che stanno a monte dei prodotti finali, fino a quelle che producono i beni energetici. La caduta dei prezzi del petrolio riflette proprio questa condizione. Si è messa in moto una spirale negativa, in cui tutti, famiglie e imprese, cercano di non spendere;

fin ora si sono fermati i consumi di sostituzione e questo ha dato la falsa impressione che, in fondo, il diavolo della crisi non era poi così brutto come lo si dipingeva. Ora potrebbero franare anche i consumi dei beni primari e questo sarebbe l'anticamera della recessione strutturale;

è necessario un profondo processo di ristrutturazione delle imprese per prepararle alla ripresa in condizioni di maggiore competitività. L'Italia dei Valori ritiene che sia interesse del Paese, oltre che del sistema delle imprese, che questa ristrutturazione avvenga rapidamente e sia profonda. Ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'accettazione di questo è in qualche modo dirimente. Fatta questa affermazione in modo esplicito e impegnativo, la questione di fondo immediatamente successiva è che le ristrutturazioni avvengano con un vincolo che è essenziale per la riuscita degli stessi processi di ristrutturazione e per non mettere in discussione, anzi accrescere la coesione sociale e il dialogo tra le parti sociali. Il vincolo è quello che, per il tempo necessario allo svolgersi dei processi di riorganizzazione aziendale, il maggior numero possibile di dipendenti siano mantenuti in attività. Ciò innanzitutto per salvaguardare il patrimonio di professionalità e di conoscenze che ci sono nelle maestranze e negli uffici. In secondo luogo perché, se aumentasse seccamente la disoccupazione molte famiglie, si ridurrebbero a vivere solo dei sussidi di disoccupazione. Diversa sarebbe la condizione se le imprese tendessero a mantenere in azienda la gran parte dei dipendenti, adeguando gli orari di lavoro al minor livello produttivo. In questo modo si stabilizzerebbe il monte retribuzioni complessive e la riduzione dei compensi erogati ai lavoratori per la diminuita attività lavorativa sarebbe compensata con gli ammortizzatori sociali;

una politica adeguata di sostegno al lavoro è un'opportunità importante per qualificare e rilanciare il sistema impresa italiano, per distinguere le imprese serie da quelle capaci solo di sopravvivere col lavoro nero e con l'evasione fiscale. I sostegni al lavoro dovranno essere erogati a condizione che le imprese sottoscrivano l'impegno a non diminuire i livelli occupazionali, quello a non esternalizzare la propria produzione all'estero oltre una percentuale fisiologica e che siano in regola con gli obblighi fiscali;

non occorre alcuno «zoo» di molti e strani strumenti di difesa del reddito. Gli ammortizzatori sociali devono essere adeguati ad una ristrutturazione profonda, semplici, automatici, meglio se gestiti direttamente dalle regioni, orientati a distribuire tra tutti i dipendenti il lavoro che c'è. Ne devono fruire tutti i lavoratori dipendenti e parasubordinati, nelle loro diverse fattispecie contrattuali, e tutti gli altri lavoratori precari in regime di monocommittenza e di piena dipendenza economica, senza distinzione di dimensione d'impresa e di settore d'attività;

serve allo scopo una riforma della cassa integrazione, che oggi ha ancora, pur dopo i provvedimenti sbandierati dal Governo, gravi limiti di applicazione e una durata insufficiente. La riforma dovrebbe puntare a migliorare, estendere e generalizzare i principi e le forme dei contratti di solidarietà. Tutti i processi di ristrutturazione dovrebbero avvenire distribuendo tra tutti il lavoro che realmente c'è, con la corrispondente riduzione dei compensi (salari e stipendi), che, quindi, dovrebbero essere assistiti da un'integrazione del reddito, a complemento dell'orario, previa definizione di accordi sindacali. Per tutti i rapporti di lavoro, non solo i contratti a tempo indeterminato, si dovrà procedere alla loro proroga, anche a orario ridotto, mediante intese sindacali, al fine di metterli nelle condizioni di poter fruire degli ammortizzatori sociali. La cassa integrazione avrebbe la funzione di fornire il complemento al reddito ridotto a seguito della diminuzione dell'orario di lavoro. In questo modo i livelli occupazionali sarebbero esattamente uguali a quelli necessari alle esigenze della produttività del lavoro e i redditi non sarebbero diminuiti quanto diminuiscono gli orari, con una sostanziale difesa del monte delle retribuzioni;

la recente approfondita indagine della Corte dei conti sugli effetti del condono fiscale 2003-2004 voluto dal secondo Governo Berlusconi conferma quanto già era stato denunciato dall'opposizione all'epoca: la politica dei condoni ha prodotto gravi danni alla finanza pubblica e ha aggravato l'iniquità del prelievo fiscale, avvantaggiando ulteriormente gli evasori e, di fatto, aumentando l'onere per i contribuenti onesti;

l'indagine ha confermato il carattere lassista delle norme grazie alle quali molti evasori hanno potuto beneficiare degli effetti favorevoli della sanatoria, senza in realtà pagare neppure le somme, ampiamente scontate rispetto a quanto originariamente dovuto, che si erano impegnati a versare con la dichiarazione di condono. Il buco è stato stimato in 5,2 miliardi di euro, pari al 20 per cento delle entrate a suo tempo annunciate; particolarmente rilevante è risultato il mancato gettito relativo alla sanatoria degli omessi versamenti (3,5 miliardi di euro);

la vicenda del mancato pagamento delle rate successive alla prima non è che il più evidente tra i guasti determinati dalla legge n. 289 del 2002: basti ricordare le dichiarazioni riservate, la possibilità di mantenere il credito iva anche in presenza di fatture false, la rottamazione dei ruoli, nonché il cosiddetto «scudo fiscale», che ha consentito gravi aggiramenti della normativa, senza peraltro raggiungere risultati significativi in termini di effettiva regolarizzazione dei capitali all'estero;

nella «Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2008», predisposta dalle sezioni riunite della Corte dei conti, viene espressa, infatti, argomentata «perplessità» sulla soppressione di alcune norme antievasione introdotte dal precedente Governo;

il testo così si esprime: «Perplessità possono tuttavia insorgere (in riferimento) alle conseguenze che alcune delle cosiddette semplificazioni potranno avere, non solo sui comportamenti dei contribuenti, ma anche sulla possibilità per gli uffici di acquisire gli indispensabili mezzi di prova. Ciò riguarda, in particolare, la soppressione dell'appena reintrodotto obbligo di allegazione alla dichiarazione iva degli elenchi clienti/fornitori, che, peraltro, in ragione dell'ormai generalizzata informatizzazione nella tenuta delle contabilità, non avrebbe provocato particolari complicazioni gestionali ed oneri aggiuntivi ai contribuenti. Ma riguarda, altresì, l'abrogazione di altre norme, anch'esse da poco introdotte, in materia di limitazione dell'uso di contanti e di assegni, di tracciabilità dei pagamenti e di tenuta da parte dei professionisti di conti correnti dedicati. Sussistono perplessità sulla coerenza fra queste misure e quelle di intensificazione e di migliore messa a punto delle strategie di contrasto all'evasione»;

con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è stata concessa ai contribuenti oggetto di verifica fiscale da parte della guardia di finanza o degli uffici la possibilità di aderire integralmente ai rilievi contenuti nel processo verbale di constatazione, mediante il pagamento delle maggiori imposte dovute e delle relative sanzioni, ridotte alla metà rispetto al normale accertamento con adesione (1/8 delle sanzioni minime applicabili, invece di 1/4);

così facendo l'entità della sanzione risultava inferiore a quella dovuta nel caso in cui lo stesso contribuente, mediante ravvedimento operoso, cioè spontaneamente e senza intervento dell'amministrazione finanziaria, correggesse la propria dichiarazione fiscale. Inoltre, si verificava una mancanza di coerenza giuridica, in quanto la riduzione era prevista solo nel caso in cui le violazioni venivano riscontrate in sede di verifica, determinando, quindi, un'evidente disparità di trattamento a seconda delle modalità con le quali l'amministrazione esercita i propri poteri di controllo;

il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, a sua volta, contiene, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, un ulteriore intervento a favore dei contribuenti scorretti: vengono, infatti, ridotte alla metà le sanzioni dovute nel caso di ravvedimento operoso e adesione ai contenuti dell'invito al contraddittorio emesso dal competente ufficio dell'agenzia delle entrate;

di fatto, un contribuente (in particolare se titolare di redditi di lavoro autonomo o di impresa) che non dichiari fedelmente il reddito conseguito può:

a) integrare la propria dichiarazione entro l'anno successivo, pagando una sanzione pari al 10 per cento delle maggiori imposte relative al reddito non dichiarato originariamente;

b) attendere l'eventuale controllo del fisco e pagare, se scoperto, una sanzione pari al 12,5 per cento delle imposte evase;

le nuove norme emanate costituiscono un'evidente conferma del lassismo fiscale cui sembra ispirarsi l'azione del Governo e non deve, dunque, meravigliare se l'evasione fiscale è negli ultimi mesi in costante aumento;

la nota informativa 2009-2011 sugli andamenti di finanza pubblica, presentata dal Governo il 6 febbraio 2009, contiene una stridente incongruenza tra le previsioni del quadro macroeconomico (consumi, importazioni, deflatori) e le previsioni sulle entrate, in particolare il gettito da imposte indirette. L'analisi dei dati ufficiali porta a concludere che per il periodo 2009-2011 la perdita di gettito prevista dal ministero dell'economia e delle finanze va molto oltre gli effetti dovuti alla recessione in corso ed attesa;

sulle sole imposte indirette, si registra un ampliamento dell'evasione ed elusione fiscale di 13 miliardi di euro nel 2008, 16 miliardi di euro nel 2009, 14 miliardi di euro nel 2010 e quasi 16 miliardi di euro nel 2011. Ovviamente, l'evasione delle imposte indirette, in particolare dell'Iva, si «tira dietro» evasione ed elusione delle imposte sui redditi e dei contributi previdenziali. Pertanto, l'allargamento dell'evasione e dell'elusione, conseguente alla rimozione delle principali misure di contrasto introdotte nella XV legislatura e all'abbattimento di controlli e sanzioni, è decisamente superiore ad un punto percentuale di prodotto interno lordo all'anno;
impegna il Governo:
a procedere alla riforma organica degli ammortizzatori sociali;

a disporre con la massima urgenza, per i prossimi 24 mesi, misure a sostegno del reddito finalizzate a mantenere in attività il maggior numero possibile di lavoratori dipendenti e parasubordinati, in particolare prevedendo, per le aziende che rinunciano al ricorso alla cassa integrazione e riducono l'orario di lavoro a seguito di documentata riduzione degli ordini, l'attivazione di specifici ammortizzatori sociali finalizzati a compensare la riduzione delle retribuzioni erogate ai lavoratori per la diminuita attività lavorativa, garantendo così il mantenimento in attività, per i prossimi 24 mesi, dei lavoratori sia dipendenti che parasubordinati;

a prevedere una riforma della cassa integrazione, che oggi ha ancora, pur dopo i provvedimenti sbandierati dal Governo, gravi limiti di applicazione, prevedendo, in particolare, la possibilità di estenderne l'utilizzo per i prossimi 24 mesi a tutti i lavoratori anche parasubordinati rimasti senza lavoro;

a predisporre, per i prossimi 24 mesi, per quei lavoratori, anche parasubordinati, per i quali non sarà possibile il mantenimento in attività, né l'utilizzo di ammortizzatori sociali esistenti per un periodo di almeno un anno, uno specifico assegno mensile di disoccupazione;

a predisporre specifici controlli degli organi competenti ed il rafforzamento di quelli attuali, ai quali debba essere vincolata l'erogazione degli ammortizzatori sociali proposti per i prossimi 24 mesi, vincolando l'erogazione di tali ammortizzatori esclusivamente per le imprese che assumeranno l'impegno a non diminuire i propri livelli occupazionali per il periodo in cui saranno erogati i contributi ed i sussidi, l'impegno a non esternalizzare la propria produzione all'estero, in particolare la mano d'opera, oltre una percentuale fisiologica del proprio personale, ed infine a condizione che le medesime imprese siano in regola con gli obblighi fiscali;

a coprire gli oneri immediati per il pagamento degli ammortizzatori sociali:

a) con gli 8 miliardi derivanti dall'accordo Stato-regioni,

b) con il recupero all'entrata del bilancio dello Stato delle somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si erano avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, anche dopo l'iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento, recupero da effettuarsi anche mediante ogni azione coattiva necessaria al fine dell'integrale recupero delle somme dovute e non corrisposte, maggiorate dagli interessi maturati, anche mediante l'invio, da parte del concessionario per la riscossione Equitalia spa, di un'intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla prevista scadenza, a pena del venir meno dell'efficacia del condono e delle sanatorie di cui alla citata legge n. 289 del 2002;

c) con la sospensione per gli anni 2009 e 2010 dell'abrogazione dell'Ici per le prime abitazioni dei ceti benestanti decisa dall'attuale Governo;

d) tagliando i costi inutili della politica: abolendo la previsione del rimborso elettorale ai partiti politici per le legislature conclusesi anticipatamente; diminuendo il numero dei consiglieri dei consigli di amministrazione delle municipalizzate, sopprimendo enti inutili, come, ad esempio, le comunità montane o le autorità di bacino, conferendo le loro funzioni a regioni e a consorzi tra comuni, tagliando così molti degli stipendi o prebende che ogni anno la politica distribuisce in Italia;

a creare un fondo per il sostegno ai disoccupati con i proventi delle maggiori entrate derivanti dal ripristino delle misure contro l'elusione e l'evasione fiscale, nonché delle sanzioni in vigore precedentemente a carico dei contribuenti scorretti, quali l'elenco clienti/fornitori, la tracciabilità dei pagamenti ed altro.

(1-00129)
«Donadi, Evangelisti, Borghesi, Di Pietro, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».