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Atto a cui si riferisce:
C.1946 Istituzione della corte di appello di Taranto



XVI LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1946


 

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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
VITALI, FRANZOSO
Istituzione della corte di appello di Taranto
Presentata il 25 novembre 2008


      

Onorevoli Colleghi! - Un giudizio unanimemente condiviso definisce la Puglia regione di frontiera per quanto riguarda le correnti di criminalità che l'attraversano, con i relativi traffici di stupefacenti, armi, generi di contrabbando e altro, con l'immigrazione clandestina e con i collegamenti internazionali tra le organizzazioni mafiose.
      Il potenziamento delle Forze di polizia, sia pure attuato nella forma di immediati interventi provvisori, ha prodotto notevoli successi. Le organizzazioni criminali hanno, peraltro, potenzialità economiche, strumenti di impiego e manovalanze operative tali da contrapporre la loro dura resistenza, nonché capacità espansive di adeguamento secondo diversificate linee e direttive di attacco.
      La Puglia, più che mai, per l'estensione del suo territorio e per l'esposizione delle sue coste, è la regione che soffre e che è destinata maggiormente a soffrire la centralità della sua collocazione geografica, che ne fa un punto nevralgico per gli attraversamenti verso l'Italia e l'Europa da parte delle organizzazioni criminali e delle correnti migratorie provenienti dall'est, dal sud-est e dal sud dell'intera area mediterranea.
      Di fronte alla vastità del fenomeno e all'indiscussa sua crescente pericolosità l'efficacia della reazione di rigetto - a livello della stessa Unione europea - deve connotarsi per incisività e per urgenza.
      Vale, anzitutto, osservare, per quanto concerne lo Stato italiano, che non può ritenersi sufficiente il potenziamento, pure
 

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se reso opportunamente definitivo, delle Forze di polizia impiegate in Puglia, qualora non sia sorretto da un'analogo potenziamento delle istituzioni giudiziarie, presso le quali si sviluppa e si corona la difesa processuale della legalità.
      Con la legge 26 luglio 1991, n. 235, il Parlamento italiano, posto di fronte ai gravissimi episodi di criminalità organizzata verificatisi nell'area ionica per iniziativa di gruppi mafiosi di estrazione locale, non esitò a istituire in Taranto una sezione distaccata della corte di appello di Lecce, nella quale furono compresi - oltre il tribunale ordinario e la pretura circondariale - il tribunale per i minorenni, il tribunale di sorveglianza e due circoli di corte d'assise di appello.
      Il tentativo di contrastare la criminalità è stato compiuto ed è stato possibile solo per l'impegno profuso dalle Forze dell'ordine e per la maggiore incisività dell'azione giudiziaria attuata con il decongestionamento della corte di appello di Lecce e con l'istituzione della sezione distaccata della stessa corte in Taranto.
      Costituisce già un pesante intralcio alla necessaria speditezza dell'amministrazione della giustizia il permanere della burocratica duplicazione - tra corte e sezione distaccata - delle incombenze dovute alla reciprocità dei rapporti: una duplicazione che si complica per effetto della loro comune relazione con il Consiglio superiore della magistratura e con il Ministero della giustizia.
      Peraltro, l'oggettiva impossibilità per questi magistrati di sostenere l'ulteriore carico dei numerosi e complessi procedimenti provenienti dall'area ionica, oltre che di quelli già gravosissimi provenienti dall'area salentina, induce la direzione distrettuale antimafia a sollecitare l'adozione di provvedimenti di applicazione di magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto ai fini dell'assolvimento delle funzioni di sua competenza.
      Appare superfluo sottolineare quante e quali complicazioni ciò comporti, dovendosi trattare nella città di Lecce le vicende processuali connesse alle indagini preliminari (particolarmente quelle riguardanti le misure cautelari) presso gli uffici del pubblico ministero, dei giudici per le indagini preliminari, dei giudici del riesame e del giudice dell'udienza preliminare, e poi restituire i procedimenti, appesantiti da ponderosi incartamenti, ai giudici di Taranto competenti per i dibattimenti. I costi del sistema, per la complessità di ciascuna fase processuale, per i tempi inesorabilmente lunghi e per le spese poste a carico dell'erario, sono tuttora molto pesanti.
      Le prospettive future, stante l'indiscussa prevedibilità di una rilevante accentuazione della diffusione della criminalità in Puglia e, particolarmente, nell'area ionica, richiedono un intervento ulteriore del legislatore.
      Rendere autonoma corte di appello la sezione distaccata di Taranto costituisce, pertanto, una condizione essenziale ai fini dell'indispensabile potenziamento dell'istituzione giudiziaria nella regione pugliese.
      Non appaiono ravvisabili valutazioni di contrario avviso, atteso che:

          a) non occorre determinare ex novo i limiti territoriali di una circoscrizione che viene a corrispondere a quella attuale della sezione distaccata;

          b) l'organico dei magistrati (oltre cento), distribuiti in tutti gli uffici giudiziari della sezione distaccata, e il carico complessivo degli affari civili e penali trattati e definiti dalla data della sua istituzione consentono di considerare l'istituenda corte di appello del tutto in linea con le dimensioni che gli studi più recenti sull'organizzazione dell'amministrazione della giustizia ritengono generalmente adeguate;

          c) non è necessario apprestare strutture edilizie, poiché gli attuali uffici della sezione distaccata (pienamente disponibili per quello dell'istituenda corte di appello) e due aule-bunker, ampie e modernamente dotate degli impianti di sicurezza, sono situati in spaziosi edifici destinati dalla provincia di Taranto all'amministrazione della giustizia in una vasta area (adibita a

 

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verde) che è delimitata da un'idonea recinzione perimetrale (munita di numerose telecamere di controllo) e confortata da ampi parcheggi interni (per gli addetti) ed esterni (per gli utenti);

          d) il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica si è espresso, all'unanimità, nel senso di far presente al Ministero dell'interno e al Ministero della giustizia la necessità dell'istituzione della corte di appello, ai fini della più sollecita istruzione e quindi della pronta trattazione, in primo grado e in appello, dei numerosi processi pendenti, commessi in gran parte da organizzazioni mafiose;

          e) le esigenze di decentramento, di maggiore efficienza e di semplificazione delle procedure, che motivano l'istituzione dei tribunali metropolitani, concorrono, per quanto riguarda l'istituenda corte di appello di Taranto, con quella propriamente specifica di una potenziata difesa della sicurezza del territorio, da attuare con urgenza nella regione pugliese.

 

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Sono istituite la corte di appello di Taranto e la procura generale della Repubblica della medesima corte con giurisdizione sul territorio compreso nella circoscrizione della sezione distaccata di Taranto della corte di appello di Lecce.

Art. 2.

      1. Il Ministro della giustizia è autorizzato a determinare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'organico del personale necessario al funzionamento della corte di appello di Taranto e della procura generale della Repubblica della medesima corte, mediante assegnazione del personale già in servizio presso la sezione distaccata della corte di appello di Lecce che ne faccia richiesta e, per quanto riguarda i posti residui, utilizzando le ordinarie procedure di trasferimento.

Art. 3.

      1. Sono istituiti i posti di presidente della corte di appello di Taranto e di procuratore generale della Repubblica della medesima corte.
      2. Il Ministro della giustizia, con proprio decreto, è autorizzato ad apportare le necessarie variazioni alle tabelle A e B annesse all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, conseguenti all'istituzione della corte di appello di Taranto e della procura generale della Repubblica della medesima corte.