Testo DDL 1262
Atto a cui si riferisce:
S.1262 Corresponsione di borse di studio agli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni dal 1983 al 1991
Legislatura 16º - Disegno di legge N. 1262
Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA
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N. 1262
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DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori DE LILLO, GRAMAZIO, BIANCONI, SACCOMANNO, MASSIDDA, CALABRÒ, FAZZONE, PISCITELLI, BARELLI, COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 4 DICEMBRE 2008 Corresponsione di borse di studio ai medici specializzandi ammessi
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Onorevoli Senatori. – I medici, specializzatisi in varie discipline mediche, iscritti ai corsi tra gli anni 1982 e 1991, durante l’espletamento di tali attività di formazione ed in dipendenza delle stesse e delle correlate prestazioni mediche, non hanno percepito alcuna remunerazione.
Per contro, in base alle direttive 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975; 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975; e 82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982 (in seguito abrogate e coordinate dalla direttiva 93/16/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993) in materia di formazione dei medici specialisti e dei corsi per il conseguimento dei relativi diplomi, è stato prescritto, per tutti gli Stati membri, che le attività di formazione, sia a tempo pieno, sia a tempo ridotto, debbano formare oggetto di «adeguata remunerazione».
In particolare l’articolo 16 della citata direttiva 82/76/CEE indicava, per gli Stati membri, quale termine ultimo di attuazione delle direttive, il 31 dicembre 1982, in osservanza degli articoli 5 e 189, terzo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea.
Il legislatore italiano, invece, non si è adeguato a tale perentoria disposizione, tanto è vero che la Corte di giustizia delle Comunità Europee, con sentenza 7 luglio 1987 (causa C-49/86, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica Italiana), ha dichiarato che la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato CEE.
Successivamente, con il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, il legislatore nazionale, riordinando l’accesso alle scuole di specializzazione e le relative modalità di formazione e, in ritardo, le direttive sopra richiamate, ha stabilito in favore degli specializzandi una borsa di studio annuale di lire 21.500.000, prevedendo però – al secondo comma dell’articolo 8 del citato decreto legislativo n. 257 del 1991 – che tali disposizioni trovassero applicazione solamente in favore dei medici ammessi alle scuole di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 1991-1992.
Per la ritardata e, comunque, parzialmente omessa attuazione delle direttive sopra richiamate, è stato avviato da alcuni medici esclusi un contenzioso conclusosi con la pronunzia di numerose sentenze, sia da parte dei tribunali amministrativi regionali, sia, in appello, dal Consiglio di Stato, che hanno evidenziato l’illegittimità dei provvedimenti tardivamente adottati dall’amministrazione, con conseguente annullamento degli stessi, in quanto in contrasto con le direttive comunitarie.
Successivamente e sempre con ritardo, la legge 19 ottobre 1999, n. 370, attribuiva, all’articolo 11, una borsa di studio annua onnicomprensiva di 13 milioni di lire ai soli medici destinatari delle sentenze amministrative passate in giudicato e ciò forfettariamente per tutta la durata del corso.
Peraltro, la Corte di giustizia delle Comunità europee, con sentenza del 25 febbraio 1999 (causa C-131/97), ha stabilito che l’obbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione dei medici specialisti deve considerarsi incondizionato e sufficientemente preciso, cosicchè il giudice nazionale è tenuto, nell’applicazione di disposizioni nazionali precedenti, o successive, alla direttiva, ad interpretarle, quanto più possibile, alla luce della lettera e dello spirito della summenzionata sentenza.
La Corte in particolare ha individuato nell’applicazione retroattiva e completa delle misure di attuazione della direttiva, la possibilità di rimediare alle conseguenze pregiudizievoli della precedente tardiva attuazione della stessa, sempre che questa sia stata regolarmente recepita, anche al fine di assicurare un adeguato risarcimento del danno subito dagli interessati.
Con successiva sentenza del 3 ottobre 2000 (causa C-371/97), la Corte, inoltre, ha precisato che l’obbligo di retribuire in maniera adeguata i periodi di formazione deve ritenersi essere incondizionato e sufficientemente preciso tanto per la formazione a tempo pieno, quanto per la formazione a tempo parziale.
A completamento del quadro normativo appena richiamato è intervenuto il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, attuativo della direttiva 93/16/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli.
Tale norma ha previsto, in particolare, all’articolo 37, l’inquadramento dell’attività svolta dal medico durante il periodo di formazione specialistica in uno specifico contratto di formazione-lavoro con la corresponsione di un trattamento economico annuo onnicomprensivo, determinato con decreto ministeriale ogni tre anni.
Anche in questo caso, le disposizioni valgono solamente per l’avvenire. Alla stregua di quanto sopra esposto appare chiaro che in base alle indicazioni della Corte di giustizia europea, interpretative delle direttive già richiamate, viene riconosciuto ai medici un vero e proprio diritto alla remunerazione, principio questo, d’altro conto, corrispondente a quanto già stabilito dal nostro diritto interno, là dove l’articolo 36 della Costituzione prevede che: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro suo e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
Sta di fatto che né lo Stato italiano, né le singole amministrazioni (centrali o periferiche), si sono attivati per adempiere alle indicazioni della Corte di giustizia europea o alle direttive comunitarie sopra richiamate nei confronti dei medici specialisti (iscritti ai corsi di specializzazione tra gli anni 1982 e 1991). Non solo, ma non si è neppure provveduto ad adempiere in maniera puntuale e completa alle sentenze degli organi di giustizia amministrativa, che avevano annullato i provvedimenti di carattere generale in contrasto con le disposizioni richiamate; decisioni, queste, che, pertanto, estendevano la loro efficacia erga omnes e non solo nei confronti dei ricorrenti.
Sostanzialmente, mentre, da un lato, vi è stata la violazione e la conseguente lesione di un diritto pienamente riconosciuto, sia dalla normativa comunitaria, come interpretata dalla Corte di giustizia europea, sia dalla normativa interna, che prevede, come principio generale, l’adeguata retribuzione dell’attività lavorativa svolta, dall’altro lato sussiste un’evidente violazione degli interessi legittimi degli odierni istanti a che l’amministrazione convenuta provveda, nel suo complesso, tempestivamente e correttamente, secondo le vincolanti indicazioni, sia delle norme comunitarie, sia delle sentenze dei giudici nazionali.
La violazione e la conseguente lesione di un diritto pienamente riconosciuto, impone, quindi, allo Stato italiano l’obbligo morale e giuridico di attuare pienamente le direttive comunitarie e di adeguarsi alle decisioni del supremo organo di giustizia comunitario, senza, peraltro, poter opporre l’intervento di presunte decadenze o prescrizioni di tali diritti.
Infatti, da un lato, per giurisprudenza consolidata, sia comunitaria che interna, i diritti nascenti direttamente da disposizioni comunitarie sono sempre esercitabili sino a che lo Stato membro non attui correttamente e completamente tali direttive, dall’altro lato i diritti de quibus sono sorti e sono stati pienamente riconosciuti, a partire dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del febbraio 1999 e dell’ottobre 2000.
Il presente disegno di legge è volto, quindi, a risolvere definitivamente la questione esposta, adeguandosi completamente alle indicazioni provenienti dalle direttive comunitarie e dalle sentenze e, contestualmente, ad evitare che dall’imponente contenzioso promosso dai medici interessati derivino a carico dello Stato oneri finanziari eccessivi.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Riconoscimento economico retroattivo
del periodo di formazione)
1. Ai medici ammessi alle scuole di specializzazione universitarie in medicina dall’anno accademico 1982-1983 all’anno accademico 1990-1991 che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano presentato domanda per il riconoscimento economico retroattivo del periodo di formazione, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca corrisponde per tutta la durata del corso, a titolo forfettario, una borsa di studio dell’importo omnicomprensivo di 9.000 euro per ogni anno di corso. Non si dà luogo al pagamento di interessi legali né a somme a titolo di rivalutazione monetaria.
2. Il diritto alla corresponsione della borsa di studio di cui al comma 1 è subordinato all’accertamento da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca delle seguenti condizioni:
a) frequenza di un corso di specializzazione, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, per l’intera durata legale del corso di formazione;
b) impegno di servizio a tempo pieno o ridotto, attestato dal direttore della scuola di specializzazione o da relativa autocertificazione secondo la normativa vigente in materia.
3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca determina, con proprio decreto, il termine entro il quale, a pena di decadenza, deve essere trasmessa l’istanza di corresponsione delle borse di studio di cui al comma 1, lo scaglionamento dei pagamenti, le modalità di inoltro, di sottoscrizione e di autocertificazione dell’istanza secondo la normativa vigente in materia, nonché l’effettuazione di controlli a campione non inferiori al 10 per cento delle istanze presentate.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, valutati in 20 milioni di euro per l’anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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