• Testo DDL 93

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Atto a cui si riferisce:
S.93 Disposizioni in materia di pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive, in attuazione dell'articolo 51 della Costituzione





Legislatura 16º - Disegno di legge N. 93


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 93
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa della senatrice Vittoria FRANCO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 APRILE 2008

Disposizioni in materia di pari opportunità tra donne e uomini
nell’accesso alle cariche elettive, in attuazione
dell’articolo 51 della Costituzione

 

Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge riproduce integralmente il testo dell’atto Senato n. 20 presentato nella XV legislatura.

    Il presente disegno di legge si pone l’obiettivo di dare concreta attuazione al principio sancito dall’articolo 51 della Costituzione in materia di promozione di pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive, al fine di costruire una seria democrazia paritaria, capace di riconoscere una realtà sociale nella quale le donne sono sempre più protagoniste e di garantire loro un’adeguata rappresentanza nella politica.
    Occorre colmare il grande divario che attualmente esiste tra la società civile e la realtà politica. Ad una presenza maggioritaria delle donne nel corpo elettorale e ad un alto e qualificato indice di partecipazione alla vita professionale, culturale e sociale del Paese non corrisponde, infatti, un’adeguato riconoscimento delle stesse nell’ambito delle assemblee elettive.
    Il provvedimento si rende necessario se si considera che, sulla base dei dati statistici sulla rappresentanza delle donne nella vita politica, l’Italia è al settantesimo posto nel mondo dopo Paesi come lo Zambia ed il Burkina Faso.
    Nella XIV legislatura, in occasione delle elezioni al Parlamento europeo del 2004 e delle elezioni amministrative del 2005, ci si è interrogati sull’opportunità di garantire alle donne l’accesso alle cariche elettive riservando loro una quota delle candidature (le cosiddette «quote rosa») al fine di assicurare che, nella presentazione delle candidature alle elezioni, nessuno dei due sessi potesse essere rappresentato al di sotto di una data soglia.
    La questione delle «quote rosa» è stata a lungo oggetto di polemiche in particolar modo nel corso dell’esame del disegno di legge di riforma del sistema elettorale che ha portato all’approvazione della legge 21 dicembre 2005, n. 270, («Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica»): a lungo ed inutilmente si è posta la questione di prevedere un meccanismo che garantisse nel Parlamento un’adeguata rappresentanza femminile.
    Il risultato è una legge che fra i numerosi profili di incostituzionalità ed elementi contraddittori prevede un sistema di liste bloccate che in nessun modo favorisce e garantisce la presenza femminile nella composizione delle liste.
    Si è lasciato così ai singoli partiti il compito e l’onere, ma anche il potere discrezionale, di compilare le liste dei candidati trascurando volutamente la considerazione che i fatti hanno sempre dimostrato che la buona volontà dei partiti non è mai stata sufficiente a garantire pari opportunità nell’accesso alle cariche elettive.
    Le modalità previste dalla citata legge n. 270 del 2005 sulla formazione delle liste determina una rappresentanza non conforme alla prescrizione di cui all’articolo 51 della Costituzione. In particolare, sono sospette di incostituzionalità quelle parti della legge che disciplinano la presentazione di liste senza prescrivere parallelamente meccanismi atti a garantire che vi sia un’equilibrata rappresentanza all’interno delle stesse.
    In questa prospettiva, appare utile mettere in evidenza il mutato orientamento della giurisprudenza costituzionale in merito alla questione delle cosiddette «quote».
    Con la recente sentenza n. 49 del 13 febbraio 2003, la Corte costituzionale ha operato una netta inversione di tendenza rispetto a quanto espresso nella precedente sentenza n. 422 del 12 settembre 1995.
    Nella prima sentenza la Corte ha accolto una questione di legittimità costituzionale delle cosiddette «quote rosa» affermando che ogni differenziazione in ragione del sesso non può risultare oggettivamente discriminatoria, diminuendo per taluni cittadini il contenuto concreto di un diritto fondamentale (elettorato passivo) in favore di altri, appartenenti ad un gruppo che si ritiene svantaggiato.
    Con la sentenza n. 49 del 2003 la Corte ha cambiato il proprio orientamento anche in considerazione delle modifiche costituzionali nel frattempo intervenute.
    Va ricordato infatti che, nel periodo di tempo intercorso fra le due sentenze, sono intervenute diverse modifiche costituzionali: la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 («Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano») ha stabilito che le regioni ad autonomia speciale debbono promuovere condizioni di parità di accesso alle consultazioni elettorali, al fine di conseguire l’equilibrio della rappresentanza dei sessi; la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 («Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione») ha stabilito che le regioni a statuto ordinario devono con le proprie leggi promuovere la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive; la legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1, («Modifica dell’articolo 51 della Costituzione») ha introdotto in Costituzione la norma per cui la Repubblica promuove le pari opportunità fra donne e uomini, al fine dell’accesso in condizioni di eguaglianza agli uffici pubblici ed alle cariche elettive.
    Con la sentenza n. 49 del 2003 la Consulta ha ritenuto legittime alcune norme introdotte nella legislazione elettorale della Regione Valle d’Aosta, in virtù delle quali le liste elettorali devono comprendere candidati di entrambi i sessi, a pena di inammissibilità.
    La Corte costituzionale, nel rigettare la questione di legittimità costituzionale della legge regionale della Valle d’Aosta 13 novembre 2002, n. 21, in seguito alla «constatazione, storicamente incontrovertibile, di uno squilibrio di fatto tuttora esistente nella presenza dei due sessi nelle assemblee rappresentative, a sfavore delle donne», ha dichiarato espressamente che tali disposizioni stabiliscono un vincolo non già all’esercizio del voto o all’esplicazione dei diritti dei cittadini eleggibili, ma alla formazione delle libere scelte dei partiti e dei gruppi che formano le liste elettorali, precludendo loro la possibilità di presentare liste formate da candidati dello stesso sesso.
    Occorre inoltre ricordare che la riserva di quote per la rappresentanza femminile nelle assemblee elettive, e più in generale gli istituti volti al riequilibrio della rappresentanza di genere, sono stati oggetto di dibattito anche negli altri Paesi europei: in Francia, in Belgio, in Germania, in Gran Bretagna, in Finlandia e in Grecia, al dibattito hanno fatto seguito interventi normativi, di livello sia costituzionale sia legislativo.
    Il presente disegno di legge introduce modalità di formazione delle liste dei candidati che assicurino un’equilibrata rappresentanza di entrambi i generi e consentano il superamento di criteri improntati alla discrezionalità.
    A tal fine, l’articolo 1 prevede modifiche all’articolo 18-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e all’articolo 9 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, come modificati dalla recente citata legge n. 270 del 2005, al fine di introdurre il criterio dell’alternanza di candidate e di candidati nella presentazione delle liste ed il criterio della proporzione per cui nessun genere può, in nessun caso, essere rappresentato in misura inferiore alla metà.
    La sanzione prevista per l’inosservanza dei suddetti criteri è l’inammissibilità delle liste.
    Il disegno di legge prevede poi, agli articoli 3, 4 e 5, analoghe modifiche al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, al fine di armonizzare i sistemi elettorali e, come logica conseguenza, di applicare i suddetti criteri di successione e di proporzione anche alle elezioni provinciali e comunali.
    In conclusione, il presente disegno di legge è finalizzato a garantire alle donne il diritto ad una effettiva rappresentanza politica poiché una democrazia che esclude le donne dai livelli più alti della politica è una democrazia più povera e più arretrata. Al contrario una democrazia paritaria è più forte, più coesa, più umana.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Elezioni della Camera dei deputati)

    1. All’articolo 18-bis, comma 3, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, le parole: «presentati secondo un determinato ordine» sono sostituite dalle seguenti: «alternati per genere e in cui, in ogni caso, nessun genere può essere rappresentato in misura inferiore alla metà, a pena di inammissibilità».

Art. 2.

(Elezioni del Senato della Repubblica)

    1. All’articolo 9, comma 4, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, e successive modificazioni, le parole: «presentati secondo un determinato ordine» sono sostituite dalle seguenti: «alternati per genere e in cui, in ogni caso, nessun genere può essere rappresentato in misura inferiore alla metà, a pena di inammissibilità».

Art. 3.

(Elezione del consiglio comunale nei comuni fino a 15.000 abitanti)

    1. All’articolo 71 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

    «3-bis. In ogni lista, nessuno dei due generi può essere rappresentato, a pena di inammissibilità, in misura superiore ai due terzi del totale dei candidati. In caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità prossima. Ciascuna lista è composta in modo che nessun genere possa essere rappresentato in una successione superiore a due.».


Art. 4.

(Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti)

    1. All’articolo 73 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

    «1-bis. In ogni lista, nessuno dei due generi può essere rappresentato, a pena di inammissibilità, in misura inferiore alla metà del totale dei candidati. In caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità prossima. Ciascuna lista è composta in modo da garantire l’alternanza dei candidati e delle candidate».


Art. 5.

(Elezione del consiglio provinciale)

    1. All’articolo 75 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

    «2-bis. In ogni gruppo, nessuno dei due generi può essere rappresentato, a pena di inammissibilità, in misura inferiore alla metà del totale dei candidati. In caso di quoziente frazionario si procede all’arrotondamento all’unità prossima. Ciascuna lista è composta in modo da garantire l’alternanza dei candidati e delle candidate».


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