• Testo DDL 570

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Atto a cui si riferisce:
S.570 Modifica dell'articolo 600 - bis del codice penale, in materia di prostituzione minorile





Legislatura 16º - Disegno di legge N. 570


 
 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

N. 570
 
 
 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori CARUSO, MUGNAI, BALDASSARRI, PONTONE,
ALLEGRINI, GRAMAZIO, DELOGU, AUGELLO, TOTARO,
CORONELLA, MENARDI e FLUTTERO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 MAGGIO 2008

Modifica dell’articolo 600-bis del codice penale, in materia
di prostituzione minorile

 

Onorevoli Senatori. – Le disposizioni dell’articolo 600-bis del codice penale ebbero ingresso nel nostro ordinamento a seguito dell’iniziativa legislativa di alcuni dei proponenti che oggi sottoscrivono il presente disegno di legge.

    Si trattò di un intervento emendativo, a suo tempo promosso e pervicacemente sostenuto, nell’ambito del disegno di legge destinato a divenire la legge 3 agosto 1998, n. 269, che introdusse misure di contrasto al fenomeno della pornografia minorile e, in generale, ai fenomeni di utilizzo e di sfruttamento di minori per l’alimentazione di traffici illeciti, aventi come comune denominatore il fatto di essere tutti a sfondo sessuale (dalla pratica infame, perché incentrata sull’ulteriore sfruttamento di insuperabili povertà, materiali e sociali, del cosiddetto «turismo sessuale», agli spettacoli osceni alive, a quant’altro).
    Ben si rammentano i contrasti che la proposta allora presentata determinò nel corso della discussione parlamentare, malgrado i quali si pervenne tuttavia alla positiva conclusione dell’iter legislativo, con l’approvazione – come detto – della legge 3 agosto 1998, n. 269
    Un’autorevole componente di senatrici e di senatori che si riferivano alle forze politiche del Centro sinistra, che anche in quella XIII legislatura rappresentavano la maggioranza parlamentare, si oppose infatti con grande determinazione alla proposta avanzata, mirante a dare – per la prima volta – rilevanza penale al consumo di prostituzione offerta da minori, ancorché consenzienti, di età ovviamente superiore ai quattrordici anni.
    Le ragioni di opposizione che vennero allora espresse riguardavano la preoccupazione che dalla norma potesse derivare una limitazione, in via generale, dei principi di autodeterminazione sessuale, sia dal punto di vista del minore che stabiliva di prostituirsi, sia da parte del «cliente» che, del minore, intendeva fare consumo.
    Non solo.
    La proposta veniva altresì letta come un’inaccettabile contrasto del principio di libertà sessuale e di piena espressione della sessualità tra adolescenti, come una retriva compulsione del relativo diritto a compiere pratiche sessuali non sottoposte a controlli, da parte di essi e fra di essi, senza restrizioni, senza (anche indiretti) vincoli e senza ostacoli di sorta.
    Non ci fu verso di far comprendere al «partito» degli oppositori che nessuno aveva in animo di prodursi in surreali pratiche di repressione della libertà sessuale (di ragazzi, di giovani e di meno giovani) e che nessun attributo «confessionale» (anche questo si disse) poteva essere assegnato all’iniziativa.
    Non ci fu verso di convincere coloro che si opponevano alla nuova norma, che pur essendo non contestabile, ed anzi del tutto encomiabile, un’eventuale iniziativa anche di estrazione «confessionale» (come se si potesse all’inverso accettare una singolarissima sorta di conventio ad escludendum) – quella in atto era tuttavia una proposta «soltanto» del tutto laica, mirante – assai semplicemente – a prestare protezione delle fasce più deboli della società, in quell’occasione individuate nelle ragazze e nei ragazzi di minore età, e – in ogni caso – mirante, in maniera forte, all’affermazione di un disvalore.
    Non ci fu verso di far comprendere che un atto sessuale fra ragazzi non avrebbe mai potuto e dovuto trovare alcuna condivisione, alcuna giustificazione, con riguardo alla posizione di quello, fra tali ragazzi, che quell’atto sessuale avesse ottenuto, dall’altro, o dagli altri, di poter compiere dietro pagamento di un corrispettivo.
    Non ci fu verso di far comprendere che una cosa è un’attività sessuale libera e non contrastata, fra adolescenti liberamente consenzienti, ed altra cosa è – tutt’affatto diversa e tutt’affatto inaccettabile – «l’acquisto», con denaro o altra utilità, da parte di un minore dell’uso del corpo di un altro minore.
    Non ci fu verso di far comprendere che non era in atto alcun tentativo di pericolosa restaurazione, ma solo (se «solo» è) il richiamo di valori incontrovertibili per la nostra cultura, per il nostro comune sentire, tra cui è quello del rispetto dei giovani e della protezione dei minori.
    La proposta fu in ogni caso infine accolta grazie alla posizione assunta, in via determinante, da parte di altre senatrici e di altri senatori, che pur del pari richiamandosi alla maggioranza del Centro sinistra, affrontarono il problema da altro punto di vista, meno fobico – si consenta dire – e più ideologicamente neutrale.
    Il testo infine approvato scontò tuttavia la necessità che fossero introdotti due momenti di compromesso, che – ovviamente ben accolti per la risolutiva funzione svolta – suscitarono in ogni caso forti perplessità: il primo, riguardò l’età del minore che viene prostituito (o che si prostituisce), individuata come significativa in sedici, e non in diciotto anni; il secondo, è da individuarsi nell’introduzione, – nell’ambito del testo – del quarto comma ora vigente («Se l’autore del fatto di cui al secondo comma è persona minore di anni diciotto si applica la pena della reclusione o della multa, ridotta da un terzo a due terzi.»), che stabilisce una circostanza attenuante speciale in ragione della minore età dell’autore del reato (di induzione, o di sfruttamento, o di consumo della prostituzione minorile), e che incongruamente si affianca a quella che il nostro sistema penale già prevede in via generale per la stessa motivazione (la minore età dell’autore del reato).
    Nel corso della XIV legislatura fu superata la prima delle due questioni appena sopra ricordate. Venne infatti approvata, con il consenso di tutti i gruppi parlamentari in sede deliberante dalla Commissione speciale per l’infanzia del Senato, per iniziativa del Presidente della stessa, senatore Ettore Bucciero, e anche in quel caso – sempre per iniziativa di alcuni dei proponenti che oggi sottoscrivono il presente disegno di legge, un’ulteriore modifica dell’articolo 600-bis, con cui l’età sensibile del minore prestatore di prostituzione venne riportata a quella corrispondente al raggiungimento della maggiore età. Cioè a diciotto anni.
    L’occasione fu quella dell’approvazione della legge 6 febbraio 2006, n. 38, con cui il Parlamento procedette ad un generale potenziamento delle misure di contrasto introdotte nel 1998.
    Malgrado i ricordati interventi, nessuno di coloro che abbiano effettivamente a cuore la effettiva protezione dei minori può certo ritenersi soddisfatto, giacché il fenomeno della prostituzione minorile (femminile e maschile), e del relativo sfruttamento, non solo è ben lontano dall’essere sconfitto, non solo è ben lontano dall’essere efficacemente contrastato dalle autorità preposte, ma è anzi soggetto ad un continuo incentivarsi – nelle misure, nella diffusione, persino nell’evidenza – a seguito dell’incremento dei fenomeni di immigrazione verso il nostro Paese.
    Ragazze e ragazzi soprattutto provenienti dalle nazioni appartenenti all’area dell’ex Unione sovietica e a quelle di relativa influenza (dalla Romania all’Ucraina), ma anche dall’Africa, dal Sudamerica e – di recente – dalla Repubblica popolare cinese, affollano quotidianamente le strade delle nostre città, grandi e piccole, e delle relative periferie, disponibili a rendere prestazioni sessuali a pagamento.
    Il fatto che il relativo cliente possa essere sottoposto a procedimento penale (fatto di per sé certo non gradito ad alcuno di essi), e condannato a pena variante da sei mesi a cinque anni (nei casi più gravi) con l’aggiunta della multa fino a euro 5.164, sembra non produrre effetto alcuno, né è peraltro oggetto di particolare comunicazione all’opinione pubblica da parte degli organi di informazione che, su tale specifico dell’argomento, pure in sé ciclicamente trattato, hanno sempre inteso glissare.
    Insomma, il fatto che il nostro ordinamento penale preveda – da anni – la punizione penale del «cliente», di chi (maschio o femmina) si prostituisce, non sembra costituire argomento tale da appassionare alcuno (autorità di polizia comprese).
    Ragione di ciò può essere senz’altro costituita dalla giustificazione secondo cui, potendo coloro che fossero accusati del delitto in questione facilmente invocare a propria scusante l’ignoranza dell’età della persona offesa (perché tale è la qualità del minore che si prostituisce, indipendentemente dal suo apparente consenso), si assisterebbe alla sistematica vanificazione di ogni sforzo di contrasto.
    È dunque per questa ragione che viene proposto il presente disegno di legge che procede, da una parte, alla rimozione dell’incongrua, inaccettabile attenuante della giovane età dell’autore del reato e che, dall’altra, introduce – anche in tale fattispecie – una previsione che è parafrasi sostanziale di quella contenuta nell’articolo 600-sexies.
    L’unico articolo da cui è costituita la presente proposta prevede infatti che «chi commette uno dei delitti di cui ai commi precedenti non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa».
    Vi sono alcuni che ritengono di poter archiviare l’argomento, filosofeggiando sul fatto che quella della prostituzione sia la più antica professione del mondo, che in qualsiasi civiltà, epoca, e paese, e così via, come se l’acquisto del corpo altrui, per appagare bisogni o piaceri del proprio, costituisca, per questo, una condotta virtuosa e quindi da (quanto meno) tollerare.
    La realtà, non revocabile in dubbio, è che quello della prostituzione costituisca invece – quanto meno ai nostri tempi – un vero e proprio mercato: un mercato certamente riprovevole, ancor più quando riguarda minori, governato da collaudati sistemi di cinico sfruttamento di chi, per un verso o per l’altro, non può chiamarsi esente da debolezze e cui devono pertanto riferirsi le regole che sono proprie di tale aspetto dell’economia.
    Il mercato (anche quello illegale o gestito – come è il caso – da organizzazioni criminali) è un sistema strutturato, a volte semplice, che è basilarmente governato dall’interdipendenza di offerta e domanda: maggiore è la prima, più sollecitata è la seconda; più diffusa è la seconda, immediatamente aumentata è la prima. Un negozio con maggiori spazi espositivi proporrà un maggior numero di articoli e, generando maggiore offerta, determinerà superiori domande, aumentando in conseguenza le vendite.
    Cioè alimentando e incrementando il mercato.
    E lo stesso deve dirsi, ove si sposti il ragionamento, riferendolo non solo alla quantità dell’offerta, ma anche alla diversificazione della domanda: e quindi persone di diverso colore, persone di varie razze e provenienze, persone di varie età, quelle più giovani – in particolare – «merce» ovviamente più pregiata.
    Il giudizio di inaccettabilità di quanto detto non è suscettibile di ulteriore approfondimento.
    L’operazione che propone il disegno di legge, già presentato nella XV legislatura e non esaminato nel corso della stessa, stante il suo anticipato e repentino scioglimento, è semplice e si disvela da sé, assai facilmente.
    Si tratta, in una parola, della introduzione deliberata di un elemento destinato al perturbamento del mercato, una volta tanto in maniera virtuosa, in qualche maniera drogandolo.
    L’effetto che si determinerà sarà infatti del tutto prevedibile, nel senso di una «perdita di mercato» non solo in relazione a quella parte di esso che offre la prostituzione dei più giovani (delle quindicenni, delle sedicenni su internet o nelle discoteche, delle diciassettenni e delle diciottenni nelle strade delle città), ma anche con riferimento a quell’altra parte, che offre invece la prostituzione delle meno giovani, che non mostrano tuttavia la loro reale età: è infatti ragionevole che il cliente prudente, e ben informato, si tenga ben lontano dal rischio di un processo da spiegare in sede familiare e nel proprio ambito sociale, con la prospettiva di una del tutto probabile, severa condanna sul piano sociale e relazionale, ancor prima che da parte del giudice penale.
    La proposta di legge è presentata quando ancora risuonano le plurime, unanimi parole in commemorazione di Don Oreste Benzi, fondatore dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.
    L’approvazione del disegno di legge darà effettività alle parole di apprezzamento delle sue opere in vita e, maggiormente sarà sollecita, maggiormente contribuirà a modificare il destino di vita di un maggior numero di giovanissimi.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Modifica dell’articolo 600-bis del codice penale in materia di prostituzione minorile)

    1. Il quarto comma dell’articolo 600-bis del codice penale é sostituito dal seguente:

    «Chi commette uno dei delitti di cui ai commi precedenti non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa».

Art. 2.

(Entrata in vigore)

    1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.


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